L’avvento del digitale e la rivoluzione dello streaming, che ha modificato radicalmente il modo di fruire la musica e di conseguenza l’assetto dell’industria discografica, sta costringendo le star della musica a vendere il frutto della propria creatività prima di vedere il proprio «patrimonio creativo», svalutato dai giganti dello stream. E così dopo Dylan che ha ceduto i diritti del proprio catalogo valutato in 300 canzoni per 600 milioni di dollari, un altro grande rocker, Neil Young, accetta di cedere il 50% dei diritti della sua musica (complessivi 1.180 brani) alla Hipgnosis di Merck Mercuriadis, una società di investimento in proprietà intellettuale della musica: ««Ho comprato il mio primo album di Neil Young – così commenta il magnate americano – quando avevo sette anni. Harvest fu il mio compagno e ne conosco qualsiasi nota, qualsiasi parola, qualsiasi pausa intimamente. Neil Young, o almeno la sua musica, è stato da allora mio amico e un punto fermo».

NON SOLO I BRANI della suo percorso solista, ma anche quelli delle storiche band in cui ha militato durante la sua ultracinquantennale carriera: Buffalo Springfield e CSN&Y. Hipgnosis – che proprio nei giorni scorsi ha annunciato anche di aver acquisito i diritti sulle musiche di Jimmy Iovine e LIndsey Buckingham (Fleetwood Mac), continua nella sua corsa all’accaparramento di cataloghi che verranno sfruttati sempre più non solo dalle piattaforme streaminge, ma anche nelle colonne sonore di film o jingle pubblicitari.
La cifra dell’operazione Hipgnosis / Neil Young non è ufficiale – come nel caso di Bob Dylan – ma questo è dovuto al fatto che molto probabilmente Neil Young – e il suo team legale – hanno preferito cedere a una cifra definita la metà del repertorio riservandosi di cedere la restante quota a una somma presumibilmentemolto più alta, perché la seconda metà, quella che comporta la cessione del controllo, vale di più.