Tanta è la letteratura giapponese tradotta in questi ultimi anni in lingua italiana, tanti sono i volumi che raccolgono scritti di autori italiani reduci da recenti esperienze di vita in Giappone che ne raccontano luoghi, atmosfere, tradizioni e usanze. Ma La neve di Yuzawa bisogna ammettere che mancava. E non poteva che regalarcelo Maria Teresa Orsi, docente emerita di letteratura giapponese che tante generazioni di studiosi ha formato, ma soprattutto voce italiana di Murasaki Shikibu, dama di Corte di epoca Heian, che proprio grazie alla sua traduzione (La storia di Genji, Einaudi 2012) ha potuto narrare le affascinanti e tribolate vicende del principe Hikaru Genji, lo Splendente, e della sua Corte del Mille, anche al pubblico italiano.
Un lavoro di traduzione durato dieci anni, ma si potrebbe dire una vita perché l’eleganza e la raffinatezza di linguaggio di quel primo grande romanzo femminile continuano a sopravvivere anche nella scrittura di questo originale lavoro di Maria Teresa Orsi, La neve a Yuzawa (Einaudi, pp. 314, euro 22), il cui titolo evoca il respiro e la nostalgia di alcuni racconti del nobel Kawabata. Ma va detto, i 29 capitoli, o meglio sarebbe dire la raccolta di 29 racconti è scritta a quattro mani con il compagno Fabio Sebastiano Tana, che dal 2002 condivide sia il girovagare libero in lungo e in largo di un Giappone contemporaneo, alla moda e allo stesso tempo controverso, sia la conoscenza profonda accumulata nel tempo da Maria Teresa Orsi che in Giappone ha vissuto e studiato dal 1968, traducendo tantissimi dei romanzi citati nelle pagine di questo denso volumetto.

I LUOGHI REALI, fisici, architettonici di oggi si fondono, anzi entrano in contatto come scrive Orsi, con gli stessi luoghi della letteratura in un viaggio spazio-temporale che fa rimbalzare il lettore quasi inconsapevolmente tra una realtà che è quella dello scrittore del romanzo a cui ciascun racconto fa riferimento e l’altra realtà che è quella attuale, vissuta o conosciuta dai due autori.
Il volume nasce per gioco, un gioco che si va definendo poco alla volta e che l’autrice paragona alle tessere di un mosaico, anzi alle carte delle Poesie di cento poeti (Hyakunin Isshu) in cui i partecipanti devono riconoscere, il più velocemente possibile, la poesia che il lettore declama guardando le carte posizionate davanti a sé che ne riportano gli ultimi due versi.

PUNTO DI PARTENZA per il salto nel tempo è un tunnel, uno come tanti ve ne sono in Giappone a interrompere i viaggi in treno garantendo quasi sempre all’uscita una vista su scorci di mare o risaie e piccoli tetti a pagoda che lasciano senza fiato. In questo caso però è il tunnel descritto nell’incipit de Il paese delle nevi di Kawabata Yasunari, che si ipotizza si trovi vicino a Yuzawa nel profondo nordovest del Giappone a fungere da interruttore. Ed era proprio verso questa mèta termale e letteraria che l’autrice si stava muovendo in treno quando uscita da un tunnel «…un quadro straordinario, inaspettato. La neve era diventata padrona assoluta, sembrava plasmare ogni cosa: un brusco passaggio dall’oscurità a una luce capace – Kawabata aveva davvero ragione – di ‘tingere di bianco il fondo della notte’». Così d’improvviso Il paese delle nevi di Kawabata si trasforma nel primo racconto di Orsi e Tana La neve di Yuzawa che dà il titolo al volume.

SARÀ SEMPRE KAWABATA a condurre gli autori prima e il lettore presente oggi nelle località e nelle locande termali della bellissima penisola di Izu attraverso le pagine della Danzatrice di Izu e il nono racconto a esse dedicato.
Si citano i ryokan Fukudaya a Yugano e lo Yumotokan a Yugashima Onsen, locande tradizionali dove lo scrittore soggiornò e scrisse il romanzo e per questo rinomate ancora oggi tra i turisti colti e appassionati che ambiscono ad alloggiare proprio nella stanza dove Kawabata si fermò.

MA I TEMI e i luoghi trattati non sono solo di spasso e intrattenimento, come nei due casi citati. Si parla di luoghi spirituali legati alla potenza quasi magica della natura, alle credenze e alle superstizioni popolari (Il bosco di Rikugien) e al pensiero panteistico che sostiene il delicato rapporto del popolo giapponese con la dura natura geografica dell’arcipelago: Ishinomaki vista dall’alto, seppur ispirata dai versi del grande poeta Matsu Basho, lambisce con delicatezza – e allo stesso tempo citando dati inconfutabili – l’esperienza del grande terremoto e dello tsunami che l’11 marzo 2011 colpirono duramente la popolazione della costa nordorientale del Tohoku provocando anche il disastro nucleare di Fukushima.
Una precisione descrittiva, da reportage giornalistico, che tocca anche in altri casi temi e luoghi storici, sociali e politici, delicati, poco conosciuti dai giapponesi stessi se non talvolta proprio rimossi e riportati a galla grazie a quei romanzi di cui gli autori ci regalano fresche recensioni e passi direttamente tradotti.

SI LEGGA L’angolo delle Sei Vie, capitolo che prende spunto dal racconto di Shibusawa Tatsuhiko del 1981, in cui affiora il tema della morte menzionando il grande cimitero comune che si trovava nell’incrocio di Rokuhara della città di Kyoto; o ancora Il silenzio del carcere di Sasaki Mikiro, dal quale gli autori prendono spunto per parlare della presenza e della realtà degli edifici delle carceri esistiti nell’area di Nakano e di Sugamo a Tokyo fino a che non furono sostituiti, rispettivamente nel 1983 e nel 1978, l’uno da un giardino e l’altro da un modernissimo grattacielo che senza dubbio avevano lo scopo di riqualificare l’area e la storia insieme.

CON ALTRETTANTA chiarezza e accuratezza storica, tanto da sollevare riflessioni importanti da un punto di vista sociale e legislativo, è esposta la problematica, da sempre taciuta, dei malati del morbo di Hansen e dei sanatori in cui venivano internati, partendo da uno dei romanzi del filone letterario dedicato a questo tema I dorayaki della signora Tokue di Sukegawa Durian, diventato nella traduzione italiana Le ricette della signora Tokue. Ovviamente agli spunti di attualità fanno da contrappunto argomenti e mete culturali, d’arte e religiose: nella capitale imperiale di Kyoto ci si insinua in compagnia di dama Murasaki, ma nei bar e nei vicoli underground di Tokyo non può che essere Haruki Murakami ad accompagnare autori e lettori con i suoi racconti ricchi di sottofondi musicali.
Spesso a fungere da connettore tra il luogo/tempo reale e letterario sono i cartelli e le insegne che, come chi ha viaggiato in Giappone ben sa, tendono a spiegare ogni traccia del passato reale o fittizia che sia al visitatore, perché «tutto merita una targa commemorativa». Di fatto però, come gli autori sottolineano, con l’effetto collaterale di confondere e sporcare l’armonia di quello speciale paesaggio o luogo che si vorrebbe sottolineare.
Cartelli disseminati ovunque che mentre lottano contro l’oblio del quotidiano sono invece d’intralcio allo sguardo estetico, proprio come la fredda luce omologante dei konbini, i convenience store, luoghi non luoghi per eccellenza del Giappone contemporaneo «che non lascia tracce nell’esistenza dei clienti, sebbene costituisca parte integrante e insostituibile della loro vita quotidiana», come ben descrivono Orsi e Tana in chiusura del volume sullo spunto del romanzo La ragazza del convenience store di Murata Sayaka pubblicato nel 2016 e vincitore del premio Akutagawa.
Chissà se La neve di Yuzawa sarà tra i prossimi titoli tradotti in giapponese? Per chi conosce già il Giappone questo volume diventa guida letteraria, per chi conosce i libri da cui prende spunto, una guida di viaggio nell’attualità di quei luoghi.