Un disco lungamente meditato – arriva a otto anni dal precedente – e soprattutto progettato. Perché il quinto album dell’artista di Oakland formatosi nel giro di Prince, prima di diventare fra gli 80 e 90 membro dei geniali Tony!Toni!Tone! e poi collaborare con The Roots, D’Angelo e altri «ragazzi terribili» del soul, nasce in realtà dall’elaborazione di un lutto. Jimmy Lee è un lavoro dedicato alla memoria del fratello, malato di Aids e morto per un overdose 25 anni fa, ma come spiega lui stesso: «Soprattutto pensato per quelle persone che hanno avuto un Jimmy Lee nelle loro vite». Un disco «universale», quindi, che analizza le varie sfaccettature della dipendenza. Quanto cupo e personale nei testi, musicalmente Jimmy Lee si compone di tredici tracce solari, arrangiate con gusto, intrise di soul, funk e gospel con numerosi omaggi ai maestri del genere, da Marvin Gaye a Curtis Mayfield.