La sfida passa dalla piazza alla Camera dei deputati. A pochi giorni dalla manifestazione sulla piana di Letná con oltre 250mila persone, che chiedeva le dimissioni del premier ceco Andrej Babiš e della guardasigilli Marie Benešová, il governo guidato dall’oligarca deve far fronte a un voto di sfiducia previsto per oggi alla Camera.

A convocare il voto di sfiducia sono stati i parti del centrodestra, a cui si è aggiunto il Partito Pirata. Il principale motivo del voto il conflitto d’interesse del premier, evidenziato recentemente dai rapporti della Commissione Europea, e il fatto che sia indagato in uno scandalo di malversazioni dei fondi comunitari (il cosiddetto affaire «Nido della Cicogna»). Il voto di sfiducia sarà l’occasione giusta per mostrare la combattività del partiti d’opposizione, tenuti a debita distanza dai palchi delle manifestazioni. Ma, a meno di clamorose sorprese, le forze dell’opposizione non sembrano per ora avere i numeri per spodestare il governo. Per sfiduciare l’esecutivo è necessario raccogliere la maggioranza assoluta dei deputati, ossia 101 voti. Contro il governo voteranno anche i sovranisti guidati dal deputato Tomio Okamura, ma Babiš può contare sull’appoggio dei due partiti di sinistra, i comunisti di Kscm, che danno un appoggio esterno al governo, e i socialdemocratici di Cssd, che partecipano all’esecutivo con i loro ministri. Mentre i comunisti hanno dato il loro appoggio a Babiš senza grossi tentennamenti, i socialdemocratici hanno maggiori grattacapi. Alcune misure di Babiš toccano direttamente le loro priorità di governo: come il rallentamento del ricambio dei loro ministri e alcune riduzioni di spesa decise dal socio di maggioranza dell’esecutivo, il movimento Ano 2011 del premier. Per questo motivo lunedì i ministri socialdemocratici si sono astenuti nella votazione all’interno dell’esecutivo sulle linee guide della Finanziaria per il prossimo anno. «Lavoreremo tutta l’estate per trovare la quadra» ha detto il leader dei socialdemocratici Jan Hamácek. I dirigenti socialdemocratici non escludono l’abbandono dell’esecutivo in autunno, qualora non si trovino le risorse per misure aggiuntive o non vengano introdotte nuove fonti di entrata, come l’imposta settoriale sulla banche. Paradossalmente i comunisti invece vorrebbero diminuire il deficit previsto dalla bozza di bilancio e quindi, di fatto, applicare ulteriori tagli.

«Se non avesse il sostegno del presidente della Repubblica Zeman, Andrej Babiš si sarebbe già dimesso» sostiene il presidente del maggior partito dell’opposizione, l’Ods (destra), Petr Fiala. Il presidente della Repubblica protegge infatti il premier in cambio di influenza sulla politica di governo. Già in passato Zeman aveva detto che avrebbe dato il reincarico a Babiš in caso di di un voto di sfiducia al governo. «In un paese libero e democratico il governo viene cambiato dalle elezioni libere e democratiche, non dalle manifestazioni» ha reagito il presidente alla manifestazione di domenica, che reclamava la testa del premier. Quest’ultimo ha cercato di non reagire alle proteste, sebbene si sia lasciato andare a qualche sospiro. «Più soldi spendiamo, più la gente è insoddisfatta» ha detto Babiš ricordando agli elettori la politica del portafogli aperto del suo esecutivo.

Che le dimissioni di Babiš non siano all’ordine del giorno lo sanno anche gli organizzatori della manifestazione di domenica riuniti nell’associazione «Un milione di attimi per la democrazia». Altre grandi manifestazioni sono state convocate per il 21 agosto, anniversario dell’invasione degli eserciti del Patto di Varsavia, e il 16 novembre, trentennale della Rivoluzione di Velluto. Per evitare l’accusa di voler stravolgere i risultati delle elezioni parlamentari, gli organizzatori non chiedono la fine del governo o della maggioranza ma «solo» le dimissioni del premier. Babiš ha tuttavia un modo di governare troppo accentrato su se stesso, che scenari alla Kaczynski sono praticamente esclusi. Tra manifestazioni, dubbi e tentennamenti degli alleati e possibili sviluppi sul versante delle sanzioni europee per il conflitto d’interessi per Andrej Babiš sarà un autunno molto caldo.