«Oggi è giornata storica e non solo per la Calabria – ha detto il procuratore Capo di Catanzaro, Nicola Gratteri aprendo la conferenza stampa di ieri mattina -. È il mio pensiero, che ho dedicato più di 30 anni del mio lavoro a questa terra. Tutto è partito dal 16 maggio 2016, giorno in cui mi sono insediato. Era importante avere un’idea una strategia, un sogno, una rivoluzione. Ho pensato questo il giorno del mio insediamento: smontare la Calabria come un Lego e poi rimontarla piano piano. Era necessario fare sinergia, mettere a frutto l’intelligenza e la professionalità dei miei ragazzi, tutti magistrati giovani e straordinari».

E VEDIAMOLA QUESTA inchiesta, scandagliando nella fitta rete di carte, a partire da quelle riguardanti i pezzi grossi della politica. A Nicola Adamo, ex vicepresidente della Regione e braccio destro del presidente in carica, Mario Oliverio, viene contestato di aver accettato la proposta dell’ex consigliere regionale dem Pietro Giamborino per esercitare la sua influenza nei confronti di un magistrato e della commissione tecnica che avrebbe dovuto decidere su una causa. Il reato ipotizzato è traffico di influenze illecite per i quale contro Adamo è stato imposto il divieto di dimora in Calabria.

Tutto sarebbe partito da Giuseppe Capizzi, amministratore unico del Consorzio stabile Progettisti costruttori, con sede legale nel Catanese e ricorrente innanzi al Tar della Calabria, avverso l’aggiudicazione dei lavori di messa in sicurezza dei versanti Affaccio – Cancello Rosso – Piscopio – Triparni ex tracciato Ferrovie calabro lucane e Longobardi, da parte del Consorzio stabile Coseam Italia spa. L’uomo, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, si sarebbe rivolto a Giamborino chiedendogli di attivarsi al fine di influenzare illecitamente il corso della causa.

Entra in scena, a questo punto, Filippo Valia che, mantenendo e agevolando i contatti tra Capizzi e lo zio, Pietro Giamborino, avrebbe acquisito documentazione utile al fine di poter dare corso al delitto. Da parte sua, Giamborino avrebbe chiesto ad Adamo di attivarsi favorevolmente nei riguardi dell’autorità giudiziaria, sfruttando le proprie conoscenze con il giudice Nicola Durante, presidente della II sezione del Tar della Calabria, per sostenere la posizione processuale di Capizzi. Quest’ultimo, Valia e Giamborino avrebbero promesso ad Adamo 50mila euro come prezzo della mediazione illecita sia verso il giudice Durante, sia verso i membri della commissione tecnica che il Tar avrebbe dovuto nominare. C’è da rimarcare come, dagli atti, il giudice Durante non risulti coinvolto in alcun modo nella vicenda. Mentre Adamo nega di aver «mai accettato alcuna proposta di corresponsione di nessuna somma di denaro». Al solo Giamborino è contestata l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare e rafforzare il sodalizio mafioso della locale di Piscopio.

NEL CASO DELL’AVVOCATO Giancarlo Pittelli, destinatario di un’ordinanza di arresto, dall’indagine emerge il suo ruolo nella massoneria. Per il giudice che ha firmato gli arresti il boss Luigi Mancuso avrebbe goduto di «entrature in ogni settore sociale, anche i più alti e insospettabili, grazie soprattutto alla dedizione assoluta assicuratagli negli anni da dall’avvocato ed ex onorevole Giancarlo Pittelli. Quest’ultimo, accreditato nei circuiti della massoneria più potente, è stato in grado di far relazionare la ’ndrangheta con i circuiti bancari, con le società straniere, con le università, con le istituzioni tutte, fungendo da passepartout del Mancuso, per il ruolo politico rivestito, per la sua fama professionale e di uomo stimato nelle relazioni sociali».

Gli investigatori grazie alle intercettazioni hanno documentato contatti rilevanti tra Pittelli e il gotha della massoneria italiana. In un’occasione, per esempio, è emerso il tentativo dell’ex parlamentare berlusconiano di traslocare dalla massoneria di Catanzaro a quella romana relazionandosi con personaggi in vista del Grande Oriente d’Italia. Riferendosi alla loggia romana alla quale avrebbe voluto aderire, l’ex parlamentare dice: «Il rito scozzese ti apre le strade e le autostrade mondiali». Nell’ordinanza si parla anche di un contatto di Pittelli con Lorenzo Cesa, europarlamentare e segretario dell’Udc, «tramite il quale sperava di poter ottenere una sponsorizzazione per l’elezione a membro laico» del Consiglio superiore della magistratura.

MA È LA TRAMA massoneria-‘ndrangheta il plot di larga parte dei fascicoli d’indagine. Legami ricostruiti anche da diversi collaboratori di giustizia. Ci sono le dichiarazioni di Cosimo Virgiglio, nel definirsi massone maestro venerabile, secondo cui proprio «la città di Vibo Valentia è l’epicentro della massoneria sia legale che di quella cosiddetta deviata» e l’avvocato Pittelli avrebbe avuto una doppia appartenenza, una «pulita» con il Goi del distretto catanzerese e poi quella «coperta legata alla Loggia di Petrolo di Vibo». Tutto sarebbe passato da questa organizzazione capace di mettere insieme massoneria e ‘ndrangheta, a cui avrebbe fatto parte anche il super boss Luigi Mancuso. Tutto sarebbe passato da loro: dai favori più semplici agli affari più complessi. Fino alle elezioni: «Nelle competizioni elettorali, infatti, i candidati ’massoni’ venivano appoggiati dagli appartenenti segreti chiamati Sacrati sulla Spada, ovvero dei criminali che facevano catalizzare su di loro i voti».