Se siete videogiocatori abituali probabilmente vedendo per la prima volta la grafica di Heaven’s Vault storcerete il naso. Abbastanza bizzarra è infatti l’unione di ambienti 3D e personaggi in 2D che «sfarfallano» muovendosi, che passano attraverso l’un l’altro e i cui piedi, quando camminano, scompaiono. In più diventa fastidioso il fatto che durante le spesso fin troppo lunghe conversazioni scompaiano dallo schermo gli indicatori di elementi interagibili. Ma, consapevoli di essere di fronte ad un gioco indipendente (sviluppato dallo studio inglese inkle – già creatore di Sorcery! e 80 Days – per Windows e PS4) non vi lasciate scoraggiare e quello che poco a poco si dispiega davanti a voi è un gioco di una rara bellezza e di un’assolutamente insospettata profondità. Intanto non è «un» gioco ma tre, perché Heaven’s Vault unisce gameplay tipici delle avventure grafiche, dei giochi di esplorazione ed un gioco per riuscire nientemeno che a tradurre un’antica e sconosciuta lingua.

Heaven’s Vault pone il giocatore in una civiltà cresciuta all’interno di una nebulosa dove masse di ossigeno ed idrogeno si condensano e scorrono all’interno dei campi magnetici come immensi fiumi, rendendo fertili anche alcune «lune» abitate. Sulla luna centrale, Iox, esiste un’università che studia anche la storia delle civiltà che nel tempo si sono succedute all’interno della nebulosa. Ianniqi Renba, studioso di robotica, trova prove a supporto di un impero precedente all’attuale civiltà completamente cancellato da una misteriosa oscurità, ma scompare. Per questo la Professoressa Myari convoca la giovane storica ed archeologa Aliya Elasra – voi – per chiedervi di esaminare un’antica spilla rinvenuta da Renba. Sulla spilla sono presenti glifi appartenenti ad un’antica lingua sconosciuta che Myari vi chiede di tradurre. Inoltre vi chiede anche di trovare lo scomparso Renba e vi fornisce l’aiuto di un robot che subito ribattezzate «Six», quale monito alla vostra capacità di danneggiare i precedenti cinque avuti in custodia. Con la vostra barca spaziale dovrete percorrere i fiumi della nebulosa per trovare indizi e reperti sulle rovine e sulle lune.

E se avete superato un certo scetticismo iniziale relativo alla grafica rimarrete assolutamente affascinati dai panorami presenti sia durante la navigazione nella nebulosa sia ancor di più di quelli delle lune, alcune abitate come Iox, la luna agricola di Maersi, la luna natale di Aliya: Elboreth, ecc., sia quelle disabitate ma su cui rimangono i resti del passato impero da esplorare (per molti versi ancor più meravigliose perché le risorse di programmazione dedicate altrimenti alla creazione della popolazione sono andate qui completamente all’immaginazione del paesaggio). Il fine ultimo della ricerca sia di Renba che vostra è di trovare, negli antichi documenti, un possibile rimedio all’oscurità in arrivo, anche perché Myari, come gran parte degli studiosi di Iox, crede nel «loop», una versione videoludica del nietzscheano «eterno ritorno dell’identico» che li induce a pensare che ogni cosa che è stata, sarà di nuovo: tanto la magnificenza dell’antico impero, quanto l’oscurità che lo travolgerà al suo apice. Ecco allora che il vagare per la nebulosa vi porterà a trovare numerosi frammenti scritti che dovrete riuscire a tradurre per poter scoprire la natura del mitico «Heaven’s Vault» che, narrano le leggende, in passato sia riuscito a portare in salvo dall’oscurità un gruppo di persone che ha costituito il nucleo originario della civiltà successiva.

Tradurre l’antica lingua diventerà ben presto un’attività ancor più coinvolgente che non girare ad ammirare panorami e cercare indizi perché si tratta di una via di mezzo tra una scrittura geroglifica ed una alfabetica dove i singoli glifi rimandano ad immagini stilizzate strutturate però in forma di parole e frasi. Il fatto che queste frasi si riferiscano alla lingua inglese è probabilmente il motivo della mancata traduzione in italiano di un gioco che, su tutti i siti e le riviste specializzate, ha ottenuto voti altissimi (media di 71 – per PS4 – e 75 – per PC – su Metacritic e 8 su Edge), ma che non deve scoraggiare neppure i meno ferrati nella lingua d’Albione (più problematica in questo senso la gestione delle conversazioni dove le risposte hanno un tempo massimo per essere scelte all’interno di quelle proposte), perché il gioco paradossalmente può diventare uno strumento per allenare la propria conoscenza dell’inglese.
Ma non basta. Perché la fine del gioco sarà solo l’occasione per iniziarlo di nuovo ed esplorare nuove possibilità dato che il gioco stesso sviluppa la propria trama in base alle decisioni che prenderemo. Nel nuovo «loop» potremo inoltre continuare ad espandere e ad approfondire la nostra conoscenza dell’antica lingua traducendo nuove iscrizioni e potendo tornare a chiarire quelle che ci erano rimaste oscure.