La miccia l’ha accesa il sindaco di Firenze Dario Nardella, ex renziano di ferro rimasto nel Pd. In un’intervista al Corriere della Sera sulla situazione nel partito spiega che la sua priorità oggi rispetto al Recovery Fund è «lanciare un allarme: con queste norme noi sindaci le opere non le faremo, per un’opera da 25 milioni con il Codice degli appalti occorrono dieci anni. Quindi molto semplicemente propongo una moratoria: si applichino solo le leggi europee».

UN VERO ASSIST SUBITO COLTO da Matteo Salvini che contro il codice degli appalti – approvato dal governo Gentiloni (collega di partito di Nardella) – cannoneggia dai tempi del governo Conte I del cambiamento. «Anche il Pd (col sindaco di Firenze) chiede di cancellare il codice degli appalti per aprire i cantieri. Bene, avanti col modello Genova», scrive su Twitter il leader leghista sempre più protagonista come deus ex machina della nuova maggioranza e in pressione costante su Draghi.

Per fortuna dal Pd le risposte al nuovo alleato di governo sono ferme: un «no» compatto, alla faccia di Nardella.

Parte il ministro del Lavoro Andrea Orlando: «Vorrei dire, evitando ogni polemica al senatore Salvini, che il Pd non chiede di cancellare il codice degli appalti, cosa peraltro impossibile essendo in larga parte il recepimento di direttive europee. Il Pd, come ha fatto in questi mesi, lavora per semplificare le procedure, per ridurre il numero delle stazioni appaltanti, per superare la burocrazia difensiva». E specifica che «il Pd è però contro la logica del massimo ribasso e del subappalto indiscriminato, ed è per procedure di selezione delle imprese contraenti efficienti e rapide, ma di massima garanzia e trasparenza, a tutela di una effettiva libera concorrenza. Non è sacrificando i diritti dei lavoratori, riducendo la concorrenza e esponendosi al rischio di infiltrazioni che si fa ripartire il paese».

ANCORA PIÙ PRECISA la coordinatrice del programma del Pd Chiara Braga: «Leggo dichiarazioni stravaganti, provenienti da più parti, di chi invoca la “cancellazione” del Codice Appalti. Richiesta sbagliata oltre che impossibile, dal momento che il Codice del 2016 è per il 90% frutto del recepimento di direttive europee. Al contrario è invece urgente completare la sua attuazione. Come? Lavorando sulla qualificazione e centralizzazione delle stazioni appaltanti e potenziando le assunzioni di figure tecniche necessarie e competenti, digitalizzando le procedure di gara per ridurre gli oneri a carico delle imprese e accelerare i tempi, superando la logica del massimo ribasso per premiare invece qualità e sostenibilità delle offerte, regolando la disciplina del subappalto e dando attuazione al Durc di congruità (chiesto a gran voce dalla Fillea Cgil, ndr) per garantire tutela e sicurezza ai lavoratori e combattere il rischio di infiltrazioni criminali. Tutti aspetti su cui il Pd con la ministra De Micheli aveva avviato un lavoro importante e che sono pienamente coerenti con le indicazioni del Recovery Plan indicate dal ministro Giovannini».

INTERVIENE ANCHE Graziano Delrio, vero regista del Codice degli appalti come ministro delle infrastrutture del governo Gentiloni: «Al senatore Salvini che chiede la cancellazione del Codice appalti ricordo che i dati dicono che dalla sua entrata in vigore si sono aperti più cantieri. Ragioniamo sui dati e non su posizioni ideologiche. Poi naturalmente tutto è migliorabile ed un lavoro in questa direzione era stato già avviato. Andiamo avanti sulla strada del completamento della sua attuazione avendo sempre di mira, insieme alla velocizzazione delle procedure, la tutela dei diritti e della salute dei lavoratori e la lotta alle infiltrazioni criminali».

MA NARDELLA NON SI ARRENDE e in serata torna all’attacco, neanche fosse Salvini: «Confermo la mia idea: se vogliamo dirla in un altro modo, lo “scavalco” del codice degli appalti applicando direttamente le direttive comunitarie, come affermato recentemente da Vittorio Colao, attuale ministro. Se non interveniamo in questo modo sulle norme in materia di appalti e non semplifichiamo ulteriormente le procedure amministrative, il Recovery fund rischierà di fallire sotto il peso insopportabile della burocrazia», conclude.