Napoli ieri ha ratificato all’unanimità una decisione ampiamente prevista: anche nel capoluogo partenopeo, come a Milano, il 7 febbraio ci saranno le primarie per scegliere il candidato sindaco per le amministrative del prossimo giugno. La segreteria ha avuto mandato per costituire, d’intesa con gli altri partiti della coalizione di centrosinistra, un gruppo di lavoro incaricato di redigerne il regolamento, a partire dal testo utilizzato per le primarie regionali, da approvare in direzione entro dieci giorni.

Spettatore interessato, e informalmente già in campo, l’ex governatore Antonio Bassolino, che ieri ha commentato: «Fissata la data del 7 febbraio. Bene, parte finalmente il treno delle primarie che ora deve andare avanti in modo serio e coerente. Del tutto giusta, in questo senso, la posizione espressa da Verdi, Socialisti, Repubblicani, Centro democratico, che dicono di volere ’primarie veramente aperte, altrimenti sono inutili’». Bassolino è stato primo cittadino di Napoli nel 1993, molti gli rimproverano un ritorno fuori tempo massimo (come lo spin doctor Claudio Velardi). Lui replica via facebook: «È stato negli anni Novanta un ottimo sindaco di Bogotà. Dopo 14 anni si è ricandidato e ha vinto nettamente. Buon lavoro a Enrique Penalosa». Un post che ha suscitato molta ironia in rete, a partire dal suggerimento a costituire un gemellaggio tra capitali del narcotraffico.

Resta qualche nodo da sciogliere. Bassolino ad esempio da mesi ripete che vuole primarie aperte, poiché sa che le sue possibilità sono legate al voto di opinione più che a quello di partito. Il richiamo al regolamento dei gazebo regionali sembra andare in questo senso. Una parte dei fedelissimi di Bassolino è riunita nella corrente Rifare l’Italia che, in polemica con la segreteria regionale, non ha voluto entrare nel comitato di salute pubblica varato dalla segretaria Assunta Tartaglione, che ha azzerato in settimana le 22 cariche di partito per mettere la macchina in mano a esponenti di ’peso’: Gennaro Migliore, Pina Piciemo, Teresa Armato, Leonardo Impegno, Gianluca Daniele, Lello Topo. Componenti di diritto il capogruppo in regione Mario Casillo e il vicepresidente della giunta regionale, Fulvio Bonavitacola (senza diritto di voto). Restano fuori anche i riformisti di Umberto Del Basso de Caro ed Enzo Amendola, che avrebbero voluto l’antideluchiano Federico Conte.