Sciopero generale di quattro ore dell’industria e del terziario nell’area metropolitana di Napoli il 31 ottobre: è quanto hanno deciso ieri Cgil, Cisl e Uil. A mettere in moto la protesta la chiusura, annunciata da Whirlpool, del sito partenopeo a partire dal primo novembre. La cessione dello stabilimento è diventata il simbolo della desertificazione industriale della terza città d’Italia, «un processo che ha visto le istituzioni inerti o impotenti». Lo sciopero è un segnale al governo perché attivi «un piano di sviluppo per Napoli e per il Mezzogiorno».

La vicenda Whirlpool, sottolineano i segretari generali di Napoli Walter Schiavella, Gianpiero Tipaldi e Giovanni Sgambati, «è emblematica di un processo di deindustrializzazione che va avanti da anni. Non esistono ragioni industriali per giustificare il disimpegno di Whirlpool. Ogni eventuale progetto deve vedere l’azienda coinvolta. Il governo non può consentire che gli impegni assunti dalle multinazionali siano carta straccia».

L’area metropolitana di Napoli ha perso circa il 40% della sua capacità produttiva industriale. Nell’edilizia e nel terziario, soprattutto nella grande distribuzione, la crisi ha bruciato migliaia di posti di lavoro. Al governo i sindacati chiedono «un intervento diretto con politiche industriali sulle principali filiere produttive del Mezzogiorno. La regione utilizzi i fondi comunitari per sostenere le attività produttive. Le Istituzioni locali, in primis regione, Città metropolitana e Comune sono state finora incapaci di fare sistema».

Non solo i sindacati, iniziative a sostegno della Whirlpool si terranno anche questa settimana: oggi la Rete di Solidarietà popolare ha organizzato un pranzo fuori lo stabilimento per supportare la mobilitazione dei lavoratori in presidio permanente dal 31 maggio scorso. Venerdì prossimo, su proposta dei lavoratori, si terrà a Castel dell’Ovo un incontro aperto alla cittadinanza: gli operai Whirlpool e dell’indotto si confronteranno con economisti e giuristi, ma anche personalità come Mario Martone, per non subire passivamente la dismissione del settore. L’iniziativa servirà anche a lanciare il numero di conto per sostenere la lotta degli operai.

«La vertenza va riattivata immediatamente. L’ultimo confronto tra tutte le parti firmatarie dell’accordo di ottobre scorso si è tenuto il 17 settembre – il commento di Barbara Tibaldi, responsabile Fiom del settore elettrodomestici -. Le risposte devono arrivare dal premier Conte, dal ministro Patuanelli e dall’azienda