I 1.055 nomi delle vittime innocenti delle mafie sono stati scanditi ieri mattina da Milano a Palermo, nella Giornata della memoria organizzata da Libera con Avviso Pubblico. La manifestazione principale a Napoli, presenti i familiari di chi ha perso la vita sotto i colpi dei clan.

A SFILARE da piazza Garibaldi a piazza del Plebiscito c’era Natalia Gullì, il padre era il farmacista di Montebello Ionico e consigliere provinciale di Reggio Calabria per la Dc. Nel 1980 venne rapito, si era rifiutato di cedere alla ndrangheta un appezzamento di terreno. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. C’era Pasquale Scherillo: il fratello Dario lavorava in un’agenzia di pratiche automobilistiche a Casavatore, alle porte di Napoli. Nel 2004 venne ucciso perché i sicari lo scambiarono per un pusher rivale: aveva lo scooter dello stesso colore e modello. Era la faida di Scampia tra Di Lauro e Scissionisti e bastava poco per finire sotto il fuoco dei sicari. I killer di Scherillo non sono mai stati individuati.

SONO STATI CONDANNATI, invece, mandanti ed esecutori del raid nel circolo del Lotto O di Ponticelli che costò la vita a Ciro Colonna nel 2016. Clan dell’area est contro clan della Sanità, l’obiettivo era Raffaele Cepparulo, Ciro era nel circolo solo per giocare a biliardino. Tentò di fuggire ma si chinò per raccogliere gli occhiali e venne freddato. A ricordare la sua storia, ieri, il papà Enrico. In corte anche Anna Motta madre di Mario Paciolla, il cooperante italiano trovato senza mentre era in missione in Colombia: «Vogliamo la verità dall’Onu» ha ripetuto.

TRA LE BANDIERE ARCOBALENO e la folla di ragazzi (oltre 100mila per gli organizzatori) il parroco di Caivano don Maurizio Patriciello e il comandante della polizia municipale di Arzano Biagio Chiariello, entrambi vittime di intimidazioni da parte della camorra dell’area nord di Napoli. In piazza Municipio si sono uniti al corteo il sindaco Manfredi, il presidente della Camera Fico e il leader 5S Conte. Tra i manifestanti gli ex parlamentari Peppe De Cristofaro e Arturo Scotto, il senatore Sandro Ruotolo.

DAL PALCO don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ha tirato le somme: «L’80% dei familiari delle vittime innocenti delle mafie non conosce la verità, senza verità non si può costruire giustizia. Delle stragi avvenute in Italia nel dopoguerra di nessuna si conosce la verità. Le persone ammazzate prima del 1961 non sono riconosciute come vittime di mafia, una stortura da sanare. Le mafie sono tornate forti, sparano di meno, usano altre tecnologie per riciclare il denaro, la presenza maggiore è al nord dove ci sono finanza e ricchezza. Lotta alla mafia vuol dire lavoro, cultura, politiche sociali altrimenti quei vuoti li riempiono altri».

SUL CONFLITTO IN UCRAINA: «Abbiamo una guerra alle porte, è giusto essere vicini a chi sta soffrendo. Ma non abbiamo parlato delle altre 33 guerre che ci sono nel mondo. Bene l’accoglienza dei profughi che fuggono dalle bombe ma se hanno la pelle nera i percorsi sono molto complicati. Il Mediterraneo continua a essere un cimitero. L’aumento al 2% del Pil per spese militari è immorale. Un bagno di sangue economico per l’incapacità di dire basta ai bagni di sangue umani».

DALLA CALABRIA il procuratore di Catanzaro Gratteri: «Questo governo non ci sta aiutando nel contrasto alle mafie. Si sono fatti e si stanno facendo provvedimenti devastanti». A Torino c’era Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso nel 1992 a Capaci: «Giovanni diceva che la mafia cambia a seconda delle esigenze, ma resta sempre uguale». E il presidente Mattarella: «Memoria è il richiamo contro l’indifferenza. Combattere le mafie significa adempiere alla promessa di libertà su cui si fonda la repubblica».