Fischi per fischi. In un’Europa che non ha memoria, figuriamoci il calcio. E così davanti alla maggior capienza stagionale al San Paolo, 45mila spettatori, l’ennesimo ritorno di Higuain e il primo storico ritorno di Sarri – già anticipato la sera prima in città da striscioni non molto amichevoli – sono subissati dai fischi. Fischi che, dopo un primo tempo soporifero, si trasformano in un’incredibile iniezione di fiducia per il Napoli di Gattuso. Dopo una partenza orrenda, nel giro di tre giorni l’allenatore del Napoli guadagna la semifinale di Coppa Italia e infligge la seconda sconfitta in campionato alla Juventus: 2-1 il risultato finale, con reti di Zielinski e Insigne prima del gol della bandiera di Ronaldo. Sarri, con il tridente pesante in campo, fa cilecca e recita scena muta davanti al pubblico che ne aveva fatto un comandante e un guerrigliero. Prima di accoglierlo come nemico.

E I PUNTI di vantaggio sull’Inter si riducono a tre, nonostante il pareggio dei nerazzurri. All’Inter infatti non basta riempire San Siro, oltre 70mila persone a mezzogiorno con il Cagliari. Terzo pareggio consecutivo, solo due vittorie nelle ultime sette gare. Al gol di Lautaro (espulso nel finale) risponde l’avvelenatissimo ex Nainggolan, che nel dopopartita non le manda a dire, accusando la sua ex società, ancora proprietaria del cartellino, di averlo “trattato come un giocatorino”. Imminente l’arrivo del danese Eriksen, talento raro per questa Serie A. Ma al di là delle polemiche arbitrali, se in casa ti abbassi fino a lasciare il 60% di possesso palla ad avversari che non sono il City o il Barça – e infatti Conte soffre maledettamente l’Europa – potrebbe non bastare neppure lui. Serve un’inversione di tendenza, che non può arrivare dal mercato. Nel pomeriggio il derby che rischiava di finire in tragedia – anche qui striscioni offensivi, società traballanti in vendita o in eredità, la solita allerta scontri – si risolve in farsa: sono due clamorose papere dei portieri Strakosha e Pau Lopez a fissare sull’1-1 una partita che la Roma avrebbe meritato di portare a casa. Dominio territoriale, palo di Pellegrini e almeno due ottime occasioni per Dzeko.

MA CON LA ROMA che attacca, dopo undici vittorie consecutive Inzaghi decide anche saggiamente di chiudersi a riccio sapendo che per la Lazio il punto, con una partita in meno, vale doppio per la corsa Champions. La Lazio resta salda al terzo posto, la Roma al quarto. E’ sesto invece il Cagliari, insieme al Milan, vittorioso venerdì a Brescia, e al Parma che supera l’Udinese. Segue il sorprendente Verona di Juric che travolge il Lecce. Il valore delle rose di Cagliari (190 milioni) Parma (118) e Verona (78) messe insieme è di gran lunga inferiore a quella del Napoli (660) che, nonostante la vittoria, per adesso insegue. Tanto per ribadire che il mercato serve sempre più a gonfiare trasmissioni televisive e tasche dei procuratori – un miliardo di dollari in commissioni nel 2019 – che non a fare calcio.

VEDI il curioso caso dell’Atalanta, sempre quinta, il cui bilancio negli ultimi cinque anni segna un bel + 91 milioni, da ultimo il capolavoro Kulusevski, preso a 200 mila euro e rivenduto alla Juve a 44 milioni, o il capogiro Caldara, venduto a 35 milioni e rientrato gratis. La banda Gasperini dopo i cinque gol rifilati al Milan e al Parma sabato ne ha infilati sette al Torino – peggior sconfitta casalinga della storia – con il sommo Ilicic (tripletta) che s’inventa un gol maradoniano da metà campo. Alla faccia della mano invisibile del (calcio)mercato. Ad perpetuam rei memoriam.