Stepan è affranto. «Le notizie che riceviamo dall’Artsakh sono terribili. Gli armeni scappano lasciandosi dietro tutto ciò avevano costruito per generazioni. La storia per noi si ripete», ci dice il giovane armeno descrivendo lo stato d’animo della sua piccola comunità a Gerusalemme. Nel cortile adiacente alla Cattedrale di San Giacomo decine di persone si sono riunite per protestare contro la «pulizia etnica» che starebbe praticando l’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh dopo aver sbaragliato la milizia dell’autoproclamata repubblica armena dell’Artsakh. La comunità pensa al possibile invio di aiuti. «Ma al momento non c’è un piano definito perché il governo armeno sta assistendo i profughi», precisa Stepan. Intorno a lui non pochi condannano Yerevan che ha abbandonato al suo destino l’Artsakh.

Il risentimento è significativo anche contro Israele che ha stretto un’alleanza strategica con Baku – fondata sulla comune avversione per l’Iran – a cui ha venduto armi sofisticate, come i droni più evoluti. Armi che assieme a quelle fornite dalla Turchia, hanno permesso all’Azerbaigian di avere la superiorità militare sull’Armenia e di mettere fine con una vittoria a un conflitto andato avanti per decenni. A marzo, il ministro degli Esteri azerbaigiano Jeyhun Bayramov ha aperto l’ambasciata del suo paese in Israele. Il mese dopo l’omologo israeliano Eli Cohen ha ricambiato la visita a Baku dove a maggio è giunto anche il presidente Isaac Herzog. E non è insignificante che solo due giorni prima della «operazione antiterrorismo» lanciata a metà settembre dagli azeri contro l’Artsakh, il direttore generale del ministero della Difesa israeliano, Eyal Zami, abbia visitato l’Azerbaigian. In quei giorni giravano notizie riguardanti 92 aerei cargo azero atterrati negli ultimi anni nella base aerea di Ovda, l’unico aeroporto israeliano da cui è possibile esportare esplosivi.

Secondo i dati del Sipri, Israele ha fornito il 69% delle armi importate dall’Azerbaigian tra il 2016 e il 2020: fucili Tavor, radar, razzi anticarro, missili, droni kamikaze e d’assalto come gli Heron, il sistema di controllo delle comunicazioni Verint e lo spyware Pegasus. Un pacchetto del valore di miliardi di dollari ha scritto il quotidiano di Tel Aviv Haaretz.

Proprio Haaretz due giorni fa, ha pubblicato un editoriale arroventato contro Israele che non avrebbe soltanto fornito armi all’Azerbaigian, ma «ha anche contribuito a distorcere la storia», non riconoscendo il genocidio armeno «che definisce semplicemente una tragedia». «Quello che sta accadendo nel Nagorno-Karabakh – ha aggiunto Haaretz – non è il primo caso di pulizia etnica che porta le impronte di Israele» che, conclude il giornale, «dovrebbe imparare dalla storia del popolo ebraico che quando si mescolano enormi quantità di armi con una distorsione della storia si genera una ricetta per il disastro».