Nae Ionescu, il seduttore di una generazione (di Tatiana Niculescu, edito da Castelvecchi nella traduzione di Horia Corneliu Cicortas e Igor Tavilla, pp. 244, euro 22) racconta la vicenda umana e intellettuale del filosofo e giornalista romeno (Nicolae C. Ionescu). Vissuto cinquant’anni a cavallo fra due secoli in una Romania che, all’indomani della Prima guerra mondiale avrebbe conosciuto trasformazioni epocali di natura territoriale e sociale, Ionescu appare figura complessa e per certi versi contraddittoria. Un seduttore di giovani menti, come suggerisce il titolo del libro; intellettuale brillante, spirito irrequieto con doti di affabulatore, vive un’esistenza breve ma intensa, caratterizzata da restrizioni e successi in un alternarsi di situazioni che appare sovente privo di vie di mezzo: o tutto o nulla.

TERZO di quattro fratelli, Nae Ionescu nasce nel 1890 a Braila, nella parte sud-orientale del paese, uno dei tre principali porti danubiani della Valacchia. Dopo il liceo si iscrive alla facoltà di filosofia di Bucarest dove si laurea, nel 1912 con il massimo dei voti. Mostra talento e capacità dialettica, si distingue per la sua personalità forte, senz’altro dotata di carisma, aspetto quest’ultimo che risulterà essere tra le note salienti che ne caratterizzeranno la figura. Un’esistenza, la sua, movimentata non solo in termini di attività intellettuale, ma anche sul piano della vita sentimentale, come il libro racconta in modo chiaro.
Sposato con Elena Margareta Fotino che lo renderà padre di due figli: Radu e Razvan, avrà relazioni intime con altre donne, tra le più note dell’epoca: tra esse Maruca Cantacuzino-Enescu, moglie del musicista George

Enescu, Elena Popovici-Lupa e la pianista Cella Delavrancea. Esperienze che hanno contribuito alla sua fama di seduttore non solo di menti assetate di sapere, ma anche di spiriti femminili forse altrettanto irrequieti e comunque affascinati dal personaggio. Il libro rivela l’essenza del personaggio e ripercorre le tappe della sua vita: dall’infanzia vissuta a Braila all’approdo alla capitale, per poi descrivere gli anni vissuti in Germania dove svolge il dottorato di ricerca. Le lettere a Elena-Margareta sono appassionate ma percorse da una vena amara dovuta alle ristrettezze economiche. La giovane lo aiuta materialmente come può, esprime per iscritto il suo amore, cerca di incoraggiarlo e di fare coraggio a sé stessa per sopportare meglio la lontananza e le criticità di una situazione non ancora definita.

Come già precisato, i due si sposeranno e avranno figli, ma la loro non sarà un’unione facile e la donna dovrà confrontarsi in modo doloroso con l’infedeltà del marito. La carriera di quest’ultimo procede in modo brillante non priva, comunque, di ombre che metteranno in dubbio la provenienza del suo patrimonio o di parte di esso. Da filosofo, diverrà, comunque, l’esponente più in vista della corrente detta del trairism, ossia del vitalismo in versione romena che presenta aspetti mistici e teologici provenienti dalla tradizione cristiano-ortodossa.

LA SUA ATTIVITÀ giornalistica, svoltasi soprattutto sulle colonne del quotidiano «Cuvântul», lo porta a contribuire in modo significativo al dibattito politico romeno del tempo, appoggiando prima il contadinismo, poi il principio di una monarchia organica impersonata da re Carlo II e, infine, dal 1933, il movimento legionario. La sua vicenda umana e intellettuale del primo dopoguerra avviene sullo sfondo di un paese in ebollizione al quale guarda con occhi scuri e magnetici. «Il Professore», così viene chiamato dai suoi allievi con un senso di fascinazione quasi mistica, muore nel 1940 tradito da un cuore malato forse proprio come il suo tempo.