Secondo titolo della stagione di balletto, il Teatro alla Scala ha messo in scena DAWSON/DUATO/KRATZ/KYLIÁN, scommessa giocata sul variegato potere di comunicazione della danza in sé e del suo incontro con la musica, al di là di personaggi e narrazioni. Il programma si è aperto con Anima Animus del coreografo britannico David Dawson sul Concerto per violino e orchestra n. 1 di Ezio Bosso, a partire da suggestioni di junghiana memoria. Nato nel 2018 per il San Francisco Ballet, il pezzo, alla sua prima con il Corpo di Ballo del Teatro, abbacina. L’impatto visivo del gioco tra bianco e nero che si moltiplica nel nitore della scena e nei costumi è tutt’uno con la sensazione uditiva che il Concerto trasmetta ai corpi qualcosa di irresistibile. Dawson risponde a Bosso con un disegno coreografico ricco di moduli a specchio, penetrando dentro la musica con un virtuosismo in punta sorprendente, spronato da una sfumatura sentimentale, umana eppure trascendente, di cui sono con un ottetto eccellenti testimonial le due prime ballerine Alice Mariani e Martina Arduino.

SECONDO TITOLO, Remanso di Nacho Duato con Roberto Bolle, Nicola Del Freo, Mattia Semperboni sui Valses poetiques di Enrique Granados eseguiti al pianoforte da Takahiro Yoshikawa. Un giocoso terzetto sulla complicità maschile ispirato a un poema di Garcia Lorca e danzato intorno a un fiore. Grande attesa per il debutto in prima assoluta di Solitude Sometimes del talentuoso Philippe Kratz, commissione del Teatro. Creazione su musica di Thom Yorke e dei Radiohead, culminante nella ipnotica Pyramid Song, Solitude Sometimes è un viaggio metaforico nella notte di ogni uomo. I danzatori si spostano da destra a sinistra come sospinti da un flusso in cui Kratz è riuscito a far trovare a ogni singolo interprete una personale, convincente, resistenza al tempo fuggevole. L’autore firma una coreografia ciclica liberamente ispirata all’Amduat, il più antico testo illustrato di mitologia egizia dedicata al viaggio che ogni notte il Sole compie nell’aldilà prima di rinascere al mattino. Chiusura con un cult di Jíri Kylián, Bella Figura, del 1995, titolo che non invecchia con quel suo far emergere le figure dall’oscurità, le scivolate in diagonale, il trasformare la scena con il movimento di quinte e sipari, le gonne rosse indossate a torso nudo, l’intreccio estatico delle musiche barocche

IL LOOP della musica elettronica sospinge i danzatori in un aldilà digitale sottolineato dalle luci di Carlo Cerri e da proiezioni di forme bianche che sembrano sgretolarsi verso il fondo della terra (OOOPStudio). Ipnotico il moto ondulatorio che fa oscillare in più direzioni le singole parti del corpo mentre l’andamento collettivo procede verso sinistra, con file, passi a due, terzetti. Un pezzo originale in cui brilla in primis il solista australiano Navrin Turnbull, luminoso nella parcellizzazione densa del movimento e nella qualità della presenza. Con lui i primi ballerini Claudio Coviello, Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko da segnalare insieme a Linda Giubelli, Andrea Crescenzi, Domenico Di Cristo dal Corpo di Ballo.
Chiusura con un cult di Jíri Kylián, Bella Figura, del 1995, titolo che non invecchia con quel suo far emergere le figure dall’oscurità, le scivolate in diagonale, il trasformare la scena con il movimento di quinte e sipari, le gonne rosse indossate a torso nudo, l’intreccio estatico delle musiche barocche. Prossimo balletto della stagione Le Corsaire di Manuel Legris: debutterà anche sulla nuovissima piattaforma digitale del Teatro, La Scala TV, servizio di streaming tra dirette e titoli on demand. (www.lascala.tv)