A chi arriva in questi giorni a Manresa, storica e attiva città industriale della comarca del Bages, non sfuggirà la presenza su balconi e terrazzi dell’Estelada blava, il vessillo indipendentista, testimonianza delle accese consultazioni regionali dello scorso settembre, che hanno portato al centro dell’agenda politica la questione dell’indipendenza della regione iberica. Molto vivace anche sotto il profilo culturale, da 18 anni la città prossima alla confluenza delriu Cardener con il Llobregat, diventa epicentro musicale accogliendo la Fira Mediterrània (quest’anno dal 15-18 ottobre) , vetrina della forme di cultura popolare regionale e delle espressioni musicali catalane: da un lato è rivendicazione nazionale, dall’altro incontro con le musiche del mondo.Diversamente dal Womex, principale expo professionale del settore (in svolgimento questa settimana a Budapest, dal 21 al 25), di ben altre proporzioni, incentrato come è sul business di promoter, agenzie e venditori di concerti di ambito world music, quella di Manresa è una Fira diffusa e familiare, radicata ormai nel tessuto della cittadina, perché dal pomeriggio fino a tarda notte le strade intorno a piazza San Domènec e al Passeig de Pere III e le numerose sale da concerto della città si riempiono di pubblico locale, mischiato agli operatori di settore per una quattro giorni di festa musicale.

Tra le iniziative collaterali, le collaborazioni con la popolare Festa di Vilafranca ed eventi off come il concorso musicale Sons aperto a giovani gruppi folk e la rassegna Humus Mediterrani. La vocazione pubblica della manifestazione è uno dei punti di forza del cartellone, così come lo sono la massiccia presenza di arti performative di strada, di eventi dedicati ai bambini e soprattutto il focus sul dinamismo delle culture musicali catalane.

Insomma, siamo di fronte a quel modello catalano di promozione della cultura locale cui da noi, in Italia, ha guardato in questi anni la Puglia. Anche quest’anno la Fira ha espresso i suoi contenuti rivolti ai professionisti del settore musicale con esposizioni, speed meeting, conferenze, showcase, tavoli di lavoro che hanno messo a confronto i direttori artistici di festival provenienti da diverse parti del mondo.

Le due sezioni artistiche, che secondo la declinazione locale sono cultura popolare e musiche folk e world, hanno proposto centinaia di compagnie e gruppi di musica, teatro e danza, artisti come lo scrittore Màrius Serra, l’attore e direttore di scena Xavier Alberti e la chef Carme Ruscalleda o la prima di In Somni, fusione tra cobla catalana e hip hop proposta da Kulbik dance e Cobla San Jordi, lo spettacolo La viola d’or, che celebra i 150 anni dalla nascita del compositore Enric Morera. A Manresa, il palcoscenico mondiale ha avuto la fisionomia smooth di Ester Rada – cantante Beta Israel, i falascia – che sposa con determinazione ethio-jazz, soul, pop e afro-groove, quella della neo-cumbia elettrica argentina di La Yegros.

Sempre emozionante la sensibilità dal tratto magnetico dell’oudista e cantante palestinese Kamilya Jubran in Wasl, artista che si muove tra modi classici arabi, elettronica, improvvisazione, tratti incorniciano liriche di poeti contemporanei (il marocchino Hasan Najmi e il palestinese Salman Masalha). Dalla Puglia il combo BandAdriatica ha imposto la sua propulsione balcanico-salentina, con venature jazz e autorali. Non meno potente, sul piano visuale, è il quartetto ucraino DakhaBrakha, con i costumi di scena caratterizzati da lunghe vesti bianche e alti copricapi in pelliccia, con una matassa musicale di polifonie tradizionali e mantra vocali. Sul versante tradizionale, il tendone della Taverna Damm ha accolto una notte di Bal Folk, tra Occitania e Catalogna.

Al Teatre Conservatori, la rivisitazione in chiave folk del repertorio di Ovidi Montllor (1942-1995), attore ed esponente della cosiddetta nova canció valencià, realizzata da nomi storici di punta del folk revival di Catalogna: Toni Torregrossa, Jordi Fàbregas, Miquel Gil, Pep Jimeno «El Botifarra» e Celdoni Fonoll. Tra gli showcase, lasciano il segno le polifonie guasconi di Vox Bigerri, l’oriental jazz del quartetto del pianista di Istanbul Gökhan Sürer e i tamburi a cornice imbevuti di tradizione del galiziano Davide Salvado. Ovazioni nella gremita sala del Teatro Kursaal per Tomatito, oggi una delle massime espressioni della chitarra andalusa. Invece, nella raccolta cornice de El Seilu, incantano l’espressione intensamente valenciana del cant d’estil, proposto da quel raffinato cultore che è il chitarrista e cantante Carles Dénia, e il set di Germán Diaz, duo di ghironda e clarinetti, che se da un lato guarda agli innovatori francesi dell’antico strumento medievale – primo fra tutti Valentin Clastrier – per l’uso del pizzicato, del tapping, dell’archetto, dall’altro il compositore valisoletano residente in Galizia propone suggestivo percorso sonoro utilizzando vecchie incisioni discografiche di battiti cardiaci (è il «Método Cardiofónico» del medico basco Iriarte degli anni Quaranta del ‘900), loop e strumenti meccanici come scatola musicale programmata, organetto di Barberia e un’ armonica a bocca a rullo.