Nessuno più di Zahi Hawass – ex segretario generale del Consiglio supremo delle Antichità egiziane e poi ministro delle Antichità durante il governo di Mubarak – corrisponde, nell’immaginario popolare, alla figura dell’archeologo. Non solo per l’abbigliamento in stile safari e per il cappello a tesa larga che ne contraddistinguono le apparizioni televisive e richiamano il personaggio di Indiana Jones (tuttavia interpretato, nella saga di Spielberg, dal ben più prestante e seducente Harrison Ford) ma anche per il mistero che aleggia – a favore di telecamera – in ogni sua impresa all’ombra delle piramidi.

SOPRANNOMINATO «il faraone» più per il suo autoritarismo e l’abuso di potere che per la discendenza dall’antica civiltà del Nilo, all’età di 77 anni Hawass incarna ancora alla perfezione il ruolo dell’«archeo-star» megalomane, disposto a sacrificare la conoscenza per il business. D’altra parte, nessuno scavo condotto secondo le ferree regole della disciplina archeologica potrebbe mai fruttargli i ricavi astronomici di conferenze, libri, reality-show e mostre improntati al sensazionalismo delle sue scoperte, come la presunta localizzazione della tomba di Cleopatra o della perduta mummia di Nefertari. Sarà forse in ragione di questo «carisma» da monarca orientale, capace di tenere in pugno gli archeologi di mezzo mondo e di far persino indispettire con i suoi ricatti ai curatori del Louvre l’ex presidente francese Sarkozy – che da qualche giorno il nome di Hawass viene associato a quello di Gennaro Sangiuliano?

LA NOTIZIA – talmente inverosimile da suonare come una bufala – è stata diffusa dal quotidiano La Stampa, secondo il quale il ministro della cultura vorrebbe proporre Hawass alla presidenza del Museo Egizio di Torino in sostituzione di Evelina Christillin, che presiede la Fondazione della Antichità Egizie dal 2014 e il cui mandato scade a fine anno. Interpellato dall’Ansa, Hawass ha risposto di non aver ricevuto alcun invito in tal senso, dichiarandosi però disponibile all’eventuale incarico. Ma mentre sui media nostrani impazza il «feuilleton egizio», per ora basato unicamente su voci di corridoio, l’ineffabile Zahi è balzato agli onori della cronaca anche in patria per violazione delle leggi sul patrimonio. Come si apprende da un documento di denuncia presentato al Procuratore generale Mohamed Shawqi, Hawass si serve del nome della Bibliotheca Alexandrina (ubicata ad Alessandria d’Egitto, ndr), a cui afferisce il «Centro Zahi Hawass», per ricevere sovvenzioni esterne finalizzate allo svolgimento di scavi nella regione di Saqqara e a Luxor.
Il «Centro Zahi Hawass» non è però soggetto a controlli finanziari e contabili da parte della biblioteca o di terzi, in contrasto con il regolamento della medesima biblioteca e della legge sulla protezione delle antichità, la quale stabilisce che la provenienza dei finanziamenti utilizzati nelle missioni archeologiche deve essere resa nota. Sebbene rigetti le accuse giudicandole infondate, Hawass non è nuovo a problemi giudiziari.

NEL 2011, l’egittologo – su cui pende anche il sospetto di alcune responsabilità nei saccheggi verificatisi al Museo Egizio del Cairo durante la rivoluzione di Piazza Tahrir – fu condannato infatti a un anno di prigione per aver tratto vantaggi economici dall’apertura di una libreria all’interno del Museo Egizio, in palese conflitto di interessi con il suo ruolo di Segretario generale delle Antichità. Ma la controversa personalità di Hawass potrebbe non costituire un ostacolo qualora Sangiuliano decidesse per davvero di sostenerne la candidatura alla presidenza del Museo Egizio, che proprio quest’anno si appresta a celebrare – con l’ampliamento degli allestimenti e dei servizi – il bicentenario della nascita.
Viene quasi da pensare che il cappello di Hawass – simbolo del suo successo mediatico planetario – valga quanto la testa del direttore del Museo Egizio Christian Greco, apprezzatissimo su scala internazionale per il lavoro scientifico, didattico e museografico portato avanti in dieci anni ma inviso alla premier Meloni per la sua apertura – ironia della sorte – verso il mondo arabo.