In difesa di Landini contro gli attacchi di Renzi che gli ha appiccicato il marchio di «sindacalista sconfitto». Sì ma, a taccuini chiusi, «la verità è che non si capisce quello che vuole davvero fare». Fanno quadrato i ’compagni di strada’ della Fiom: quelli delle sinistre della futuribile ’cosa rossa’, quelli che scendono in piazza con le tute blu «senza se e senza ma», quelli che da anni lo invocano come una madonna pellegrina per il successo delle loro iniziative e sperano che prima o poi ’scenda in campo’. Per tutti questi parla Nichi Vendola al Tg1: «Landini rappresenta una grande risorsa per la sinistra, non certo un problema. Landini che è un uomo con la schiena dritta rappresenta un problema per Renzi e per Palazzo Chigi, perché dice le cose che il premier non vorrebbe sentir dire. E cioé che in Italia si stanno cancellando i diritti del mondo del lavoro».

Fin qui l’ufficialità. Ma in realtà ieri, per tutta la giornata, lungo le linee telefoniche della sinistra-sinistra scorrevano dubbi, interrogativi, anche fastidi. Il leader della Fiom ha smentito il suo diretto impegno in politica attribuitogli dal Fatto quotidiano sulla prima pagina di domenica. Ma, accettando per buona la smentita, resta il fatto che già da qualche mese Landini lancia segnali di insofferenza, a volte di vera distanza, dal tormentato percorso di riunione dei pezzi della sinistra divisa sotto le insegne di Tsipras. Proponendo a sua volta un’ idea diversa – se non alternativa – di «coalizione sociale». Dai contorni però ancora non chiari ai più. A definirla – si fa per dire – con entusiasmo è Fausto Bertinotti, oggi grande fan di Landini e secondo alcuni anche suo consigliere: «È un mettersi a disposizione di quello che può crescere da una struttura orizzontale e non verticistica come i partiti tradizionali. Landini vede l’insufficienza del sindacato ma giustamente non individua la via d’uscita attraverso un nuovo ‘patronage’ sui movimenti. Bensì mette la Fiom e il concetto di una sua nuova autonomia a disposizione di quello che potrà nascere dai movimenti di precari, No Tav, partite iva e ciò che si muove in società e fa sì che, quando emergono, abbiano una vocazione maggioritaria che non troverebbero altrimenti», dichiara all’Huffington Post. L’oggetto a venire resta però misterioso. Per esempio, comprende le forze di sinistra già esistenti? «Noi siamo parte di questa sfida che è quella di difendere chi vede limitare sempre più gli spazi dei propri diritti e della propria partecipazione democratica, chi più debole subisce ferocemente i colpi della crisi economica», non ha dubbio Nicola Fratoianni di Sel. Invece Pippo Civati, che ha un piede fuori dal Pd e con quel piede tasta un terreno che si rivela molto franoso, ne è meno sicuro: «Parlerò con Landini, non attraverso un’intervista, ma di persona». È il momento di scrivere «un progetto politico intorno al quale misurarsi, che metta in discussione le minoranze del Pd, che hanno molto traccheggiato nella speranza che il premier cambiasse verso». Ma fra i suoi colleghi delle minoranze Pd l’ultimo Landini non riscuote grandi entusiasmi: «Un Landini radicale fa il gioco di un Renzi neo centrista», avverte il bersaniano Miguel Gotor.