Può uno scioglilingua esprimersi solo con linee, colori e garbugli di segni, galassie di puntini, esplosioni di tratteggi in libertà? Sì, se a inventarlo è un artista anomalo come Bruno Munari – che scompone la «forma» e propende per le «macchine inutili» – e, soprattutto, se quello scioglilingua cromatico e schizzato su un foglio come fosse uno scarabocchio (non distratto ma programmato e consapevole) deve illustrare le rime irriverenti di un altro outsider come Gianni Rodari. Il gioco della fantasia che scompiglia le figure e le parole andò in scena la prima volta nel 1960, quando Giulio Einaudi mise in contatto i due autori per le Filastrocche in cielo e in terra e proseguì a lungo, attraversando le Favole al telefono, Il libro degli errori, La torta in cielo. Alla fine – e non poteva andare diversamente – Munari divenne il grafico e l’artista preferito di Rodari, il «sodale» imprescindibile delle sue opere.

Nell’anno del centenario dedicato allo scrittore e pedagogista, la casa editrice Corraini propone in libreria Munari per Rodari, un elegante albo rilegato (pp.200, euro 20, in italiano e in inglese) che raccoglie molti di quei disegni che s’imbizzarrivano insieme alle parole, sintetizzando meravigliosamente il senso dell’imprevisto e dello spaesamento creativo che corre tra i personaggi delle filastrocche e dei racconti rodariani. Corredato dai testi di Riccardo Falcinelli, Antonio Faeti e Marco Belpoliti, oltre che degli «originali», il volume è una poesia mobile per gli occhi che molto ricorda il principio che guidava i celebri laboratori di Munari – il ludico applicarsi alla risoluzione di problemi – che escludevano però l’improvvisazione senza metodo. Così, nei disegni che accompagnano poesie e favole è l’eterea consistenza dell’intuizione a prendere il comando.

Con una tecnica che spesso somiglia a un «non finito», a un appunto colorato a matita caduto quasi distrattamente sul foglio, si fa spazio all’immaginazione e non si ruba mai l’inquadratura alla genialità della scrittura di Rodari. La si racconta per vie traverse, con disegni che a volte rispecchiano il contenuto, altre volano via in universi paralleli, quand’anche fossero «sgorbi» che strappano sorrisi. D’altronde, Munari poteva vantare una lunga consuetudine con l’oggetto-libro. Ne aveva fatti di trasparenti, di illeggibili e aveva lanciato i pre-libri, veri e propri recettori sensoriali.