Esiste un vivace e crescente approccio alternativo alla sicurezza alimentare e alla produzione di cibo basato sulla biodiversità, che massimizza i benefici per la salute e per il benessere del pianeta e dei suoi abitanti. In tutto il mondo, stanno nascendo reti di agroecologia contadina, basate sulla circolarità, la reciprocità e la condivisione. Una nuova generazione di agricoltori è sempre più consapevole del proprio ruolo nella difesa della biodiversità, nella difesa e nella cura della terra e dell’ambiente e nella produzione di cibo buono.

Stiamo assistendo oggi al tentativo da parte delle multinazionali dell’agribusiness, in collaborazione con il World Economic Forum, di dirottare la narrazione della transizione, manipolando il vocabolario e proponendo soluzioni di green washing e tecnologiche, le cosiddette soluzioni silver bullet. In questo modo, gli inquinatori possono continuare a fare affari come al solito, nascosti dietro campagne di propaganda ben orchestrate. Gli autori del modello economico predatorio industrializzato e globalizzato che ha portato alla devastazione ecologica mondiale, stanno cercando di venderci le loro soluzioni.

La prima falsa soluzione è quella del cibo artificiale. Ci dicono che tutto questo viene fatto in nome del cambiamento climatico. Tuttavia, il cibo artificiale ha un’impronta ecologica maggiore delle proteine vegetali meno lavorate. Si basa su monocolture basate a loro volta su input chimici e Ogm. Una ricerca suggerisce che, a lungo termine, l’impatto ambientale della carne artificiale potrebbe essere superiore a quello del bestiame.
La seconda grande falsa soluzione è la geoingegneria. La geoingegneria si riferisce a un insieme di tecniche e tecnologie proposte per intervenire deliberatamente e alterare i sistemi terrestri su larga scala. La geoingegneria, per definizione, non mira ad affrontare le cause del cambiamento climatico. L’arroganza della geoingegneria si basa sul concetto che la terra debba essere riparata.

La terza falsa soluzione al cambiamento climatico è net zero, che si basa su un’interpretazione errata dell’Accordo di Parigi, per cui gli inquinatori guadagnano credenziali «verdi» attraverso investimenti in tecnologie volte a catturare le emissioni dall’atmosfera o le cosiddette Nature-based Solutions, come la piantumazione di alberi. In questo modo, gli inquinatori possono continuare con i loro affari, mentre ad esempio piantano monocolture di alberi, alimentando i fenomeni di land grabbing, di violazione dei diritti umani, di scarsità di acqua, di perdita di biodiversità. Questa non è la transizione di cui abbiamo bisogno. Dobbiamo proteggere le nostre foreste, far crescere la biodiversità e la salute e la resilienza al clima. La transizione di cui abbiamo bisogno è una trasformazione. È riconoscere che la Terra è viva, che la natura ha la capacità di riciclare il carbonio per creare l’infrastruttura della vita. Abbiamo bisogno di passare dalla «mentalità fossile» alla creazione di un mondo ricco di biodiversità e di abbondanza per tutti basato su sistemi alimentari locali, ecologici e biodiversi. Questa è la soluzione.