“Il Monte dei Paschi è un asset strategico per il Paese, per questo diciamo no a spezzatini e ad affrettate dismissioni. Piuttosto lo Stato, come proprietario della banca, sia garante del piano di rilancio di Mps”. Più che un appello, quello della Cgil Toscana e della Fisac nazionale e locale è un ragionamento su quello che, anche dopo dieci anni terribili, resta uno dei principali istituti di credito della penisola.

“Fare una operazione di mercato in questa fase – osserva in merito Daniele Quiriconi, che guida nella regione la categoria Cgil dei lavoratori del credito – con la pandemia che farà sentire a lungo i suoi effetti anche nel mondo del credito, ci sembra irragionevole”. A riprova, anche il ministro Gualtieri sta per chiedere una proroga alla Commissione Ue, ricontrattando gli accordi pre- pandemia che obbligavano il Tesoro a cedere, entro la fine del 2021, la sua quota del 68% in Mps.

La proroga, secondo le tante indiscrezioni fiorite negli ultimi giorni in merito al destino del Monte dei Paschi, dovrebbe essere di un anno, facendo slittare alla fine del 2022 la cessione della banca.

Ma su questo aspetto Cgil Toscana e Fisac danno voce ai loro, più che legittimi, dubbi: “A fronte di una discussione pubblica esclusivamente incentrata su scenari macro-finanziari relativi al riassetto del sistema europeo del credito – osservano Dalida Angelini e Nino Baseotto – in un infinito risiko che non considera né costi sociali, né ricadute nel rapporto depositi-impieghi sui territori e di conseguenza sul sostegno all’economia, vogliamo evidenziare alcuni elementi: Mps conta ancora oggi più di 20mila dipendenti, 5.800 in Toscana, oltre 2.600 a Siena compresa la Direzione generale, 1.421 filiali di cui 306 in Toscana ( il 17% del totale degli sportelli regionali), e risulta molto presente sia al sud che al nord della penisola. Nel corso del 2020 la raccolta diretta e indiretta è in crescita, collocando Mps tra le prime 4 banche italiane, e al primo o al secondo posto in molti territori come soggetto bancario per erogazione di credito”.

Per questo la posizione della Fisac (e anche della Fabi, principale sindacato dei bancari) è quella di difendere l’integrità della banca e di aspettare a vendere, lasciando il Tesoro garante di un rilancio ancora a metà del guado, fra cessioni di crediti deteriorati e richieste di danni per i bilanci “aggiustati” fra il 2010 e il 2011.

“Poi lavorare perché in Mps resti una quota pubblica”, chiude Quiriconi, che sul punto ha apprezzato la posizione del neo presidente toscano, il dem Eugenio Giani: “Non voglio veder dispersa Mps nei mille rivoli delle vendite. Mi impegnerò perché possa restare in mano pubblica, e vedere se si trova una soluzione che gli consenta di mantenere la sua identità”. Una soluzione caldeggiata anche dal M5s, che all’interno dell’esecutivo di Giuseppe Conte insiste per mantenere il controllo pubblico sulla banca. Come ormai sta accadendo, non solo per effetto della pandemia, sia in Germania che in Spagna.