La trattativa tra il ministero dell’Economia e Unicredit sull’acquisizione del Monte dei Paschi di Siena (Mps) da parte di quest’ultima ieri sera era giunta sull’orlo della rottura. La ragione potrebbe essere il capitale da versare in Mps da parte del governo: 7 miliardi di euro è stata la richiesta dell’Amministratore delegato di UniCredit Andrea Orcel. Il Tesoro avrebbe ritenuto eccessiva l’ipotesi. Viale XX settembre partirebbe da 5 miliardi di euro.

Secondo l’agenzia Reuters che ieri ha reso note le indiscrezioni questo accordo sarebbe «troppo punitivo» per i contribuenti che dovrebbero finanziare l’operazione. Ci sarebbero altri due motivi per lo stop all’acquisizione: l’entità del taglio dei posti di lavoro (si è parlato anche di 7 mila persone) e il calcolo delle passività della banca senese.Ciò potrebbe incidere anche sulle attività di Mps che Unicredit dovrebbe acquisire come il «factoring» e il «leasing». Su queste basi le pre-condizioni stabilite per la «due diligence» partita nel luglio scorso sembrano essere sfumate.

Le condizioni poste da Unicredit sono: nessun impatto sul proprio capitale, né rischi legali o dai crediti deteriorati ceduti a Amco, una Asset Management Company specializzata. E ci sono anche 300 sportelli Mps da cedere al Mediocredito Centrale. Da parte sua il governo ha assicurato che Mps non sarebbe stato svenduto, anche se in tutta evidenza l’operazione ha costi pesanti. «Comunque vada» non saranno accettati tentativi «di macelleria sociale» ha detto il segretario generale della Fabi Lando Maria Sileoni – Vedremo se tutto questo bailamme è solo una prova di forza tra gli attori della partita e di questo negoziato». Unicredit e Tesoro ieri non hanno commentato.