Mozione di sfiducia contro il ministro dello Sport Luca Lotti sia alla Camera che al Senato. M5S la ha presentata ieri e stavolta non si tratta della solita azione di disturbo: è un’offensiva a pieno titolo, che crea al governo difficoltà maggiori di quanto i ministri non siano disposti ad ammettere. Contemporaneamente, infatti, il Movimento di Grillo reclama la presenza di Gentiloni in aula, non per «chiarire» ma di fatto per rispondere a una domanda secca: «È opportuna la permanenza di Lotti al governo?».

IL COINVOLGIMENTO dell’uomo forte del renzismo nell’inchiesta Consip è al momento periferico, ma i parlamentari di Grillo aggirano l’ostacolo: «Al di là degli aspetti giudiziari, sui quali farà luce la magistratura, riteniamo gravissimo da un punto di vista politico il coinvolgimento del fedelissimo di Renzi nell’inchiesta», recita la nota firmata dai capigruppo Caso e Montevecchi.
«Quello che sta emergendo è da brividi», scrive sul blog Grillo che prosegue allargando il raggio dell’attacco a tutti i leader politici che hanno ricevuto soldi da Romeo, per finire con i 60mila euro alla fondazione di Renzi.

IL NODO SCORSOIO È POLITICO, e la corda ha due capi diversi. Da un lato il sistema di occupazione del potere costruito da Renzi nel suo triennio di onnipotenza: quel «familismo» che il candidato segretario Orlando aveva denunciato come principale colpa del renzismo. È infatti evidente che, anche in assenza di nessi diretti, la faccenda avrebbe tutt’altra rilevanza se sullo sfondo non si stagliasse la figura di Tiziano Renzi e di possibili misure preventive a suo carico. Ma il secondo capo della corda è l’ambiguità del rapporto tra questo governo e il capo di quello precedente, che impedisce ora a Gentiloni di lavarsene le mani come cosa che non riguarda il suo esecutivo.

Nel mirino c’è il cerchio magico, e la battuta migliore della giornata, ieri, è stata di certo quella truce di Paola Taverna: «Dal giglio magico al crisantemo appassito». Però staccare l’immagine e le sorti di questo governo da quelle del giglio in questione non è facile. Infatti non sono solo i 5S a chiedere che Gentiloni si presenti in aula per valutare l’opportunità non penale ma politica di mantenere al suo posto. Identica richiesta avanzano al Senato la capogruppo di Sinistra italiana Loredana De Petris e il senatore del medesimo gruppo Corradino Mineo.

E GLI SCISSIONISTI dell’Mdp, che al Senato potrebbero essere determinanti se Fi decidesse di votare la sfiducia, assumono una posizione poco rassicurante. «Le notizie che arrivano – dichiara Speranza – provocano sconcerto. Non si può far finta di nulla. Chi ha responsabilità non metta la testa sotto la sabbia e si predisponga a fare chiarezza».

A completare la tempesta ci si è messa anche la condanna di Verdini, l’alleato di Renzi che sarebbe coinvolto anche nell’affare Consip. I suoi «alati» non fanno parte della maggioranza, ma al Senato i loro voti si sono dimostrati più volte preziosi e in ogni caso l’ennesima onda che si abbatte su Renzi finisce gioco forza per coinvolgere anche il governo, proprio perché sinora Gentiloni non ha saputo o voluto tagliare quel cordone ombelicale che va ormai stretto anche ai suoi ministri

IERI IL MINISTRO dello Sviluppo Calenda ha scagliato un altro siluro contro le riforme di Renzi, attaccando la politica dei bonus che sono «scorciatoie» mentre bisognerebbe «costruire condizioni di competitività». Poi ha assicurato che nelle sue parole non c’erano intenti polemici, ma credergli è difficile. Anche perché proprio lui è uno di quelli che più scalpitano per autonomizzarsi da Renzi. Sono in molti a pensarla come lui, a ritenere cioè che il governo stia facendo troppo poco, ostaggio dell’ex premier che non voleva che un nuovo esecutivo fosse troppo attivo perché temeva altrimenti di apparire come un leader del passato.

LA STRAGRANDE MAGGIORANZA dei ministri a quell’impegno non da più alcuna importanza. Non così Paolo Gentiloni, che al momento appare il vero «uomo di Renzi» alla guida del governo. Nei prossimi giorni dovrà decidere se recidere quel cordone ombelicale o permettere che il peso di Renzi e del suo giglio magico trascini a fondo anche il suo governo.