Tempestoso e animatissimo nel gesto, Roland Böer sembra davvero uscito da una piscina quando finisce il primo atto di Così fan tutte, che nella regia di Lorenzo Mariani vede orchestra e direttore sistemati all’interno della vasca mentre lungo il bordo si ambienta l’azione giocata il una Tangeri anni ’50 da jet set, con un occhio all’Ombrellone di Dino Risi. La direzione effervescente del direttore di Bad Homburg, classe 1970, da alcuni anni alla guida del Festival di Montepulciano, sembra aver sposato in pieno l’idea registica.

 

 

Mozart è il suo biglietto da visita, anche in Italia alla Scala (con il «Flauto magico» con la regia di Kentridge) a Bari, a Roma. Quanto è stato importante nella sua formazione?
Fondamentale: sin dai pezzi pianistici imparati a cinque anni, e via via durante tutta la mia formazione, sia come pianista che come direttore. Anche per la prima opera che ho visto da bambino è stata proprio Il Flauto Magico. Però non dimentichiamo Haydn, cui Mozart ha guardato quasi come a un padre putativo, perfino con la dedica dei quartetti. Comunque i titoli della trilogia Mozart Da Ponte (Don Giovanni, Nozze, Così fan tutte) restano le mie opere d’elezione e anche un’ utilissima strada per comprendere meglio sia il repertorio romantico tedesco che stava per nascere, sia il repertorio italiano, dato meno scontato.

 

 

Quanto ha già diretto del grande corpus lirico di Mozart? C’è qualche vuoto da colmare?
Ho già diretto tutte le opere più importanti, mancano alcune delle opere giovanili, ma già di recente a Montepulciano ho diretto la Finta semplice e proseguo adesso a Firenze con Thamos re d’Egitto, un lavoro bellissimo di ascolto così raro (in concerto sinfonico a Firenze il 30 ottobre, nda). Mancano ancora vari lavori sinfonici, senz’altro, ma spero col tempo di arricchire ancora il mio bagaglio mozartiano.

 

 

Come ha lavorato con il registra Mariani per «Così fan tutte» e in generale come si rapporta con il regista in teatro?
La collaborazione prima di tutto, in ogni produzione teatrale, questo è il mio principio. Ci vuole il massimo rispetto per ognuno dei mestieri del palcoscenico, e curiosità per le attività degli altri: regista, scenografo e costumista, possono fornire tanti utili elementi di ispirazione. Certo, per noi musicisti tutto è più semplice, la partitura è scritta e stampata, anche se ci sono tradizioni interpretative molto varie. Si deve sempre trovare una soluzione comune. Lavoro in piena collaborazione anche con i cantanti, però quando sono convinto delle mie idee trovo il modo strategico e più gentile per insistere e riuscire!

 

 

Tanto Mozart, ma anche la musica di oggi: quali direzioni vorrebbe che prendesse la sua carriera, in futuro?
Difficile dare una solarisposta, sono una persona curiosa e aperta, sia in ambito del repertorio tradizionale che della musica contemporanea. Mi piacciono i compositori dotati di comunicativa per il pubblico ma anche per la mia anima, non c’è solo la tecnica. Mi interessa il gesto, la forza teatrale, anche nella musica pura sinfonica, elementi capaci di ispirare la mia fantasia. Per questo mi interessa la musica Hans Werner Henze, il cui linguaggio si mette in rapporto con le radici e il linguaggio musicale del passato, romantico o espressionista. Un grandissimo compositore.