Deve scomodarsi Beppe Grillo per sostenere Davide Casaleggio e restituire un po’ della sua aura mitologica alla piattaforma Rousseau, screditata e disertata dalla maggior parte degli eletti grillini. «I cittadini devono poter andare avanti potendo dire la loro con dei sistemi tecnologici che noi per primi al mondo abbiamo fatto. Non è una difesa di Rousseau, è la difesa di una tecnologia che abbiamo fatto noi e per la quale dobbiamo ringraziare Casaleggio padre e Casaleggio figlio» sono le parole del co-fondatore in collegamento con la conferenza stampa del M5S al senato sulle comunità energetiche e l’autoconsumo.

SOLTANTO POCHE ORE prima, Davide Casaleggio aveva approfittato di una delle sue prerogative, il fatto di essere l’unico a poter disporre dell’elenco dei circa 150 mila iscritti a Rousseau, e inviato un’email che minaccia di spegnere l’interruttore di quello che doveva essere il «sistema operativo del Movimento». Casaleggio accusa i parlamentari di non rispettare l’impegno del versamento di 300 euro mensili alla piattaforma. «Caro iscritto – si legge nel testo – Ti scrivo per comunicarti che a causa delle protratte e gravi morosità di diversi portavoce del Movimento 5 Stelle che da troppi mesi hanno deciso di venir meno agli impegni presi, saremo costretti a ridurre progressivamente alcuni servizi e strumenti le cui spese di funzionamento, in assenza di entrate previste, non risultano ovviamente più sostenibili».

La scelta è servita ad attirare l’attenzione di Grillo, che dopo mesi di distanza ha ritenuto opportuno cercare di evitare spaccature, ma per il resto non sembra essere delle più felici: è suonata come una conferma ufficiale della scollatura tra Rousseau e gruppi parlamentari 5S, ha generato la rabbia di quelli che le quote le hanno versate regolarmente e che non hanno gradito un attacco generalizzato e scomposto, ha acuito il rancore della considerevole minoranza di eletti che non ha più intenzione di versare l’obolo mensile e che vede nell’uscita di Casaleggio l’ennesimo sconfinamento dal ruolo «tecnico» che tanto rivendica quando si tratta di sottrarsi al confronto democratico a quello politico a tutto tondo.

Tutto succede mentre i vertici grillini, in primis Luigi Di Maio, cercano una mediazione sulla leadership del M5S prossimo venturo. Il punto di caduta, possibile compromesso tra chi spinge per la centralità di Rousseau e chi vorrebbe muoversi verso un’organizzazione più tradizionale, fino agli scorsi giorni pareva essere questo: una leadership collettiva ma ratificata dalla piattaforma. A queste manovre corrisponde la freddezza di Alessandro Di Battista. Nei disegni di Casaleggio Di Battista è il leader del futuro. Ma è un fatto che durante questa campagna referendaria pochissimo si sia esposto, in un contesto che pure vede in campo argomenti e retoriche anticasta che proprio lui ha sempre maneggiato con mestiere e disinvoltura.

QUELLI CHE SPINGONO per la nascita di un partito vero e proprio, senza tetto del doppio mandato e con congresso e organigrammi eletti, mandano segnali più tattici. «Aspettiamo notizie dal capo politico reggente e poi decideremo che fare» ha detto la deputata calabrese Dalila Nesci, che anima il gruppo che si è coagulato attorno al ciclo di seminari «Parole guerriere» cui partecipano deputati di peso come il presidente della commissione affari costituzionali della camera Giuseppe Brescia. L’idea è quella di registrare con favore ogni posizionamento esplicito in modo da «accogliere tutte le mozioni sull’organizzazione interna e sull’identità politica del M5S» per poi «disegnare il perimetro politico comune per la futura convocazione degli Stati generali».

IERI SU QUESTI TEMI si è espresso anche il copresidente dei Verdi al parlamento europeo Philippe Lamberts, cui gli eletti 5S a Bruxelles vorrebbero aderire per uscire dalla condizione, molto penalizzante in Ue, di essere privi di un gruppo. «I 5 Stelle conoscono i problemi che abbiamo con la loro organizzazione: la mancanza di struttura democratica e la loro prossimità, almeno di una parte di essi, alle forze nazionalpopuliste – dice Lamberts – Per questo siamo in attesa di capire cosa succederà al loro congresso». A patto che ci sarà davvero.