Il ministro degli Esteri turco Mevlüt Cavusoglu non è un ospite gradito prima delle elezioni del 15 marzo. Secondo la sua controparte olandese il suo comizio di sabato a Rotterdam avrebbe aumentato le tensioni in una campagna elettorale in cui Geert Wilders, il leader populista, più volte si è scagliato contro la minoranza islamica e per la difesa dell’identità olandese. Proprio contro questo clima ostile nei confronti di islamici e delle minoranze etniche, sta correndo Denk, l’outsider più promettente di queste elezioni.

Ne abbiamo parlato con Sjaak Van der Velden, storico dell’International Institute of Social History (Iish) di Amsterdam e autore di vari volumi sulla sinistra e sulle lotte sociali nei Paesi Bassi.

Una delle più importanti novità della sinistra olandese alle elezioni è la presenza di un partito come Denk, fondato e animato da olandesi di origine immigrata…

Nonostante le sue proposte progressiste, Denk, pensa in olandese, rimane un partito fondato da due deputati di origine turca e capace di attirare, soprattutto, il sostegno della comunità anatolica come deve aver intuito anche la presentatrice tv Sylvana Simons, che dopo essere stata la portavoce di Denk è passata alla guida del nuovo partito Artikel1, con l’obbiettivo di vedere riconosciuto il divieto di discriminazione, sancito nel primo articolo della Costituzione olandese.

Lo definirebbe un partito di sinistra?

Se il suo impegno contro il razzismo lo può far pensare, è anche vero che il suo retroterra culturale nazionalista lo rende difficilmente identificabile con i valori della sinistra. La tanta attenzione posta sulla dimensione etnica, infatti, rischia di confermare l’idea secondo cui la società olandese sia divisa verticalmente in gruppi ben distinti e non comunicanti. C’è il rischio, insomma, di tornare ai tempi della verzuiling, pillarizzazione in olandese (termine che definiva la segmentazione socio-politica della società olandese in comunità distinte, ndr).

La nascita di Denk ha definitivamente confermato la distanza tra i partiti della sinistra tradizionale e le minoranze etniche nei Paesi Bassi. Storicamente questi due mondi in che modo hanno interagito?

Il socialdemocratico PvdA (Partij voor de Arbeid) fin dagli anni 70 ha cercato di apparire come il partito più vicino ai bisogni delle minoranze, candidando e facendo eleggere esponenti delle comunità immigrate nelle varie assemblee rappresentative. Nel 2014, però, l’abbandono dei deputati Kuzu e Öztürk (fondatori di Denk) ha sancito il distacco tra il partito e le minoranze, in particolare quella turca. Dall’altra parte, invece, il socialista Sp (Socialistische partij) ha sempre avuto un approccio più freddo alla questione dell’accoglienza e della convivenza, favorendo l’assimilazione degli immigrati nella società olandese e criticando la libertà di movimento in Europa. Il rossoverde Gl (GroenLinks), infine, ha sempre mantenuto un atteggiamento più aperto e flessibile verso le comunità immigrate.

Proprio il GroenLinks, europeista e per l’accoglienza dei rifugiati, nei sondaggi appare come il primo partito della sinistra. La campagna elettorale è stata un successo?

Sicuramente un ruolo lo ha giocato la carismatica figura di Jesse Klaver, il leader trentenne. Con la sua giovane età e le sue origini famigliari marocchine e indonesiane, impersona al meglio la piattaforma progressista e multiculturale del partito. Attraverso di lui, il partito rosso-verde è riuscito a interpretare la voglia di cambiamento dell’elettorato di sinistra contro la xenofobia della destra e per un modello economico più sostenibile.

Come può spiegare il declino del PvdA?

Nella campagna elettorale del 2012 il PvdA aveva escluso la possibilità di governare con il liberale Vvd, ma alla fine sono stati insieme per cinque anni nello stesso esecutivo. Nonostante ciò, scelte politiche neoliberali, come il progressivo aumento della età pensionabile, sono passate senza intoppi.

Un altro partito che sta emergendo è l’animalista PvdD (Partij voor de Dieren), il primo partito in difesa degli animali a ottenere saggi in un parlamento. Come è riuscito a attirare il supporto degli elettori di sinistra?

Nel suo programma, chiamato Piano B, questo partito ha delineato un altro tipo di società e di economia, in cui al miglioramento del trattamento degli animali si accompagnano migliori condizioni di vita per l’uomo. La loro critica al modello tecnocratico è così radicale da aver rifiutato la tradizionale analisi economica delle proposte contenute nel proprio programma da parte di un organo istituzionale come il Cpb (Central Plan Bureau), l’Ente per l’Analisi delle Politiche Economiche.