La Russia è rimasta ieri col fiato sospeso in attesa di notizie sulla sorte di 13 dispersi nella tragedia del peschereccio «Estremo Oriente» che, affondato in pochi minuti (sembrerebbe, per un repentino sbilanciamento durante il recupero del tramaglio) ha portato con sé 54 marinai nelle gelide acque del mar di Okhotsk.

A Mosca intanto, il presidente di Gazprom, Aleksej Miller, confermava ieri che la Russia fornirà gas all’Ucraina nel secondo trimestre 2015 a 247 dollari per 1.000 metri cubi, cioè con uno sconto di circa 100 dollari – dato dalle disposizioni governative sulle tariffe doganali – sul prezzo pieno di 348 dollari.

Dopo che la tv russa aveva mostrato la riunione tra il presidente Putin e il premier Medvedev, in cui si decideva di accogliere la richiesta ucraina sul prezzo del gas, ieri l’altro il governo russo annunciava la proroga dello sconto sul prezzo fino al 30 giugno.

Oltre quella data, è stato detto, considerata «la volatilità» dei prezzi sui prodotti energetici, si tornerà probabilmente a trattare. Nelle settimane precedenti l’ucraina Naftogaz aveva annunciato di voler temporaneamente interrompere dal 1 aprile l’acquisto di gas russo (e il 50% del gas destinato all’Europa occidentale transita per l’Ucraina) se non si fosse arrivati alla definizione di un prezzo inferiore ai 250 dollari, nonostante l’Ucraina stia acquistando gas in Europa a 280 dollari per 1.000 metri cubi. Nella stessa giornata di mercoledì, quindi Gazprom e Naftogaz avevano firmato il relativo contratto, che ripeteva le condizioni del cosiddetto «pacchetto invernale», andando dunque incontro alle richieste di Kiev e di Bruxelles.

Il Ministro ucraino per l’energetica Vladimir Demcishin ha dichiarato che sono in programma per il mese di aprile a Berlino nuovi colloqui per un accordo a più lunga scadenza riguardante l’inverno 2015-2016 e Kiev punta a una prosecuzione dei termini dell’accordo attuale. Da parte sua, Aleksej Miller ha tenuto a precisare che, al momento, il principio del «prendere o pagare» (stabilito nel 2009, aveva costituito la pietra d’inciampo nelle trattative tra Gazprom e Naftogaz) continuerà a non applicarsi fino al prossimo 30 giugno e le parti continueranno a operare secondo gli accordi del novembre 2014, che non prevedevano tale clausola.

Clausola che costituisce il tema di un ricorso alla corte di arbitraggio internazionale di Stoccolma: Gazprom quantifica in 20 miliardi di dollari le sanzioni che Kiev dovrebbe pagare per il mancato rispetto della sua applicazione.

D’altra parte, lo stesso Demishin ha formalmente dichiarato che l’Ucraina non pagherà il gas che Mosca invierà autonomamente nei territori delle Repubbliche di Donetsk e di Lugansk, senza averne concordato l’invio con Kiev, affermando che spetta a Ukrtransgaz occuparsi della fornitura a quelle regioni.

Qualche dubbio è lecito sulla reale portata di quelle forniture, dato il blocco economico ed energetico pressoché totale cui Kiev sta sottoponendo da mesi il Donbass e, inoltre, non rappresenta certo un tema nuovissimo la questione delle attività di compagnie come Ukrtransgaz e del loro controllo da parte di varie cordate oligarchiche ucraine.

Ne è un esempio la recente vicenda dello scontro, quasi armato, tra il Presidente Poroshenko e l’ex governatore della regione di Dnepropetrovsk, il magnate Igor Kolomojskij, per il controllo su Ukrnaft e Ukrtransnaft, che aveva finora permesso a Kolomojskij di dirottare verso proprie riserve private centinaia di migliaia di tonnellate di petrolio destinato al Donbass. Per parte sua, il Ministro russo per l’energetica, Aleksandr Novak, aveva dichiarato lo scorso marzo che le esigenze di gas delle regioni sudorientali dell’Ucraina sono di 10-12 milioni di metri cubi al giorno e le forniture vengono effettuate nell’ambito dell’accordo tra Naftogaz e Gazprom che, per il primo trimestre dell’anno, prevedeva un prezzo di 329 dollari per 1.000 metri cubi.

Ma quella con Kolomojski non è certo la sola delle vicende che vedono farsi sempre più aspri gli scontri tra magnati o cordate di oligarchi, quasi sempre impegnati, oltre che nell’accumulare risorse, anche in vari settori della politica e dell’amministrazione governativa ucraina. È di ieri la notizia che il Ministero degli interni ucraino ha aperto un’inchiesta penale contro alcuni collaboratori dell’impresa Ostchem, di proprietà dell’oligarca Dmitrij Firtash, per sottrazione di 98 milioni di dollari da fondi statali. Il miliardario Firtash (che, entro fine mese, potrebbe venir estradato dagli Stati Uniti, dove era stato arrestato per collusioni mafiose) occupa il quarto posto tra gli uomini più ricchi d’Ucraina, con un patrimonio di circa tre miliardi di dollari, accumulato per lo più proprio con le forniture di gas russo all’Ucraina e all’Europa centrale.