I reparti speciali di Kiev, quelli che dopo la presa del potere da parte di Majdan vennero sciolti, sono tornati ad agire, ma questa volta a est e per mano dell’esecutivo proclamato dalla piazza a fine del febbraio scorso. I poliziotti ucraini hanno rioccupato le sedi governative delle città orientali che erano state conquistate dai filo russi e hanno arrestato quasi un centinaio di persone con l’accusa di terrorismo. Non è però solo l’est del paese ad apparire in rivolta: ieri 15 persone sarebbero rimaste ferite negli scontri scoppiati nella notte a Mikolaiv, nell’Ucraina meridionale.

Nel frattempo nel parlamento di Kiev si è arrivati anche allo scontro fisico, tra i rappresentanti del Partito comunista e quelli di estrema destra di Svoboda, dopo una seduta piuttosto concitata. E mentre Kerry (la prossima settimana si incontrerà con Lavrov) minaccia nuove sanzioni a Mosca, additandola come causa della nuova ondata separatista nelle regioni orientali del paese, la Russia risponde dicendosi pronta a negoziare purché siano convocati anche i rappresentanti, russofoni, dell’est ucraino.

Mosca cerca di placare la rivolta, per arrivare a trattative in cui la scelta federalista, sposata da Putin, possa ottenere il successo atteso, ma non manca di accusare Unione europea e Stati uniti. In particolare Mosca ha sottolineato «preoccupazione» per il coinvolgimento nell’operazione antiterrorismo di «150 mercenari americani» di una società di sicurezza privata «che indossano uniformi delle forze speciali delle polizia di Sokol». E ha sottolineato che chi sta organizzando e partecipando a queste azioni «si sta assumendo l’enorme responsabilità di minacciare i diritti, la libertà e le vite di cittadini ucraini e la stabilità dell’Ucraina». Se Kiev non ferma le operazioni militari contro i ribelli dell’est, ha specificato Mosca, c’è il serio «rischio di guerra civile».

Nuova giornata di tensione dunque, contraddistinta dalla visita in una delle città ribelli del ministro dell’interno di Kiev. Arsen Avakov, si è infatti recato a Kharkiv per seguire da vicino l’operazione delle forze speciali contro gli attivisti filo russi, preannunciando il licenziamento di un terzo degli agenti della polizia della città, con l’accusa di sabotaggio. Secondo Kiev non avrebbero reagito adeguatamente contro i militanti filorussi, rinunciando a usare la forza (confermando le voci che davano da tempo in corso una sorta di ammutinamento pro Russia delle forze dell’ordine delle regioni orientali del paese).

Proprio gli arresti e le imputazioni, sono state al centro di un confronto violento nel parlamento ucraino. Ieri infatti sono state introdotte le norme per l’inasprimento delle pene per chi promuove il «separatismo» e che considerano «terrorista» chi occupa edifici pubblici e prende in mano le armi.

Il leader del partito Comunista ucraino Petro Symonenko, durante le votazioni, ha accusato il governo di transizione di spaccare il paese e ha ritenuto i neonazisti responsabili di aver fatto il gioco di Mosca con le maniere forti adottate sin dall’inizio delle proteste. I deputati di Svoboda lo hanno attaccato finendo per trasformare la seduta in una rissa collettiva, con pugni e spintoni.

L’emendamento al codice penale secondo cui chi minaccia l’integrità territoriale del paese incorrerà nel reato di alto tradimento, con pene comprese fra i dieci e i quindici anni di carcere, è stato approvato con 231 voti favorevoli (sui 450 della camera). «Le autorità tratteranno separatisti e terroristi che prendono in mano le armi, che occupano edifici, secondo quanto previsto dalla costituzione e dalla legge, come terroristi e criminali», ha dichiarato il presidente ad interim Oleksandr Turchynov. A questo proposito c’è da chiedersi se sarà retroattiva e cosa ne pensano i neo nazisti di Settore Destro, protagonisti di numerose occupazioni durante Majdan.

La dura posizione di Kiev («non trattiamo con la Russia su questioni interne») e la presenza denunciata da Mosca di mercenari americani di aziende private (a dimostrazione di come le operazioni sotto copertura degli States, una sorta di fiore all’occhiello, si fa per dire, dell’amministrazione Obama, siano sempre più affidate a privati in concorrenza diretta con la Cia) non favorisce il dialogo, anche se la Russia, ieri, si è detta pronta a negoziati sull’Ucraina con Usa, Ue e Ucraina.

La Russia chiede che siano rappresentati anche i ribelli orientali, proponendo di coinvolgere nei colloqui i principali candidati alle presidenziali del 25 maggio. E ha ribadito la richiesta di una nuova costituzione, da presentare in bozza prima dell’inizio dei negoziati. Secondo Lavrov, a quel punto, i colloqui potrebbero iniziare nel giro di dieci giorni.