A quasi un mese dall’espulsione dall’Italia di Aleksej Nemudrov e Dmitrij Ostroukhov, funzionari dell’ufficio dell’addetto militare russo a Roma dichiarati persona non grata il 31 marzo scorso a seguito del caso di spionaggio che ha coinvolto il capitano di fregata Walter Biot, arriva la risposta di Mosca. All’ambasciatore italiano Pasquale Terracciano, convocato ieri al ministero degli Esteri russo, è stata notificata l’espulsione di Curzio Pacifici, addetto aggiunto per la difesa presso la rappresentanza diplomatica italiana a Mosca: al funzionario sono state concesse 24 ore per lasciare il Paese. Provvedimento che è stato definito “infondato e ingiusto” dalla Farnesina, che in una nota ha fatto presente il “profondo rammarico” per una “ritorsione ad una legittima misura presa dalle autorità italiane a difesa della propria sicurezza”.

Una risposta sicuramente prevedibile quella di Mosca, che tuttavia – nonostante il caso Biot abbia indubbiamente dato una svolta negativa ai rapporti bilaterali – ha dimostrato un certo riguardo nei confronti dell’Italia: avendo preso provvedimenti contro un solo funzionario, le autorità russe non hanno applicato il “principio di reciprocità” con cui hanno tradizionalmente risposto alle espulsioni di diplomatici avvenute negli ultimi anni nel quadro di controversie come l’avvelenamento di Sergej Skripal o la vicenda Navalnyj. O anche i più recenti casi di spionaggio segnalati ad esempio in Bulgaria e Repubblica Ceca.

Proprio il caso dell’oppositore russo Aleksej Navalnyj è tornato negli ultimi giorni al centro della stampa internazionale: a seguito delle manifestazioni del 21 aprile scorso – organizzate per protestare contro le condizioni della detenzione dell’attivista e conclusesi con l’interruzione dello sciopero della fame iniziato il 31 marzo – lo staff di Navalnyj ha annunciato ieri la sospensione delle attività nelle sedi di Mosca, San Pietroburgo, Ekaterinburg e altre città in tutto il Paese. Una decisione che sarebbe stata presa per garantire la sicurezza dei dipendenti dopo che la Procura di Mosca ha richiesto di riconoscere la Fondazione per la lotta alla corruzione – fondata da Navalnyj – come organizzazione estremista. “La pagina sarà congelata: nel prossimo futuro verrà cambiato il nome e lo spersonalizzeremo il più possibile”, si legge nei messaggi pubblicati sui social network dallo staff dell’oppositore.

L’annuncio è arrivato nella giornata di ieri nonostante il tribunale di Mosca abbia smentito di aver disposto la sospensione delle attività. “Il tribunale ha ricevuto una richiesta di provvedimenti preliminari, sotto forma di divieto per una serie di azioni, nei confronti delle organizzazioni senza scopo di lucro della Fondazione per la lotta alla corruzione, ma tale richiesta non è stata ancora esaminata”, ha fatto sapere il tribunale in una nota, poco prima dell’annuncio dello staff di Navalnyj.