La notizia della morte del presidente di Fincantieri Claudio Graziano unisce il dramma umano alla militarizzazione delle aziende di stato portata avanti dal governo Meloni.

È ORMAI CERTO che il generale chiamato alla guida dell’azienda di stato che dovrebbe produrre navi non ha retto al dolore per la morte della moglie ad aprile 2023, dopo una lunga malattia. E ha scelto di farla finita nella casa di Roma dove con lei aveva vissuto una vita insieme. Generale e alpino, Graziano aveva condotto operazioni delicatissime in Libano, in Afghanistan, in Mozambico. “Niente ha più senso” ha scritto in un biglietto prima di finire la vita con un colpo di pistola. A trovarlo sul letto, senza vita, nella sua casa di Roma in centro storico, è stato un carabiniere della scorta. Sebbene nulla lasci pensare ad altre ipotesi se non il suicidio la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio, atto dovuto per accertamenti di rito. Nessun riferimento al rinvio a giudizio, avuto insieme con altri quattro generali, in cui era rimasto coinvolto nell’inchiesta sul Poligono di Teulada.

La morte di Graziano ha sorpreso il mondo economico scompaginando i piani di Fincantieri che ha appena approvato un aumento di capitale fino a 500 milioni per rafforzare il comparto della «subacquea» sul quale l’amministratore delegato Pierroberto Folgiero e lo stesso Graziano puntavano. Ieri il titolo in Borsa ha reagito male ed è calato di oltre il 3% per poi recuperare.

Nel quartier generale non è stato ancora deciso chi raccoglierà le sue deleghe. Folgiero d’altronde, è rimasto colpito, ha perso «un grande condottiero, un grande manager e un grande amico».

TORINESE DEL 1953, Graziano frequentata l’Accademia Militare di Modena e la Scuola di Applicazione di Torino dove si laurea. Poi da Ufficiale di fanteria, alpino, scala cariche alla “Taurinense” fino allo Stato Maggiore dell’Esercito. È schierato in Mozambico, in missione di pace delle Nazioni Unite, poi è Addetto militare all’Ambasciata di Washington e di nuovo in guerra: comanda la “Brigata Multinazionale Kabul” in Afghanistan. Nel 2007 è nominato Force Commander della missione Unifl in Libano, come Capo missione per aiuti umanitari e di soccorso. Nel 2011 è Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, poi Capo di Stato Maggiore della Difesa; dal 2018 al 2022 è presidente del Comitato militare dell’Ue. Graziano ha chiuso la carriera alla presidenza di Fincantieri sostituendo, con Folgiero, il ticket Giampiero Massolo e Giuseppe Bono.

MA NEMMENO IL BOIARDO di stato Giuseppe Bono, che ha dominato Fincantieri per oltre un decennio, criticato aspramente per l’uso del lavoro precario e senza diritti – in primis a Monfalcone, dove migliaia di migranti vengono ancora sfruttati da ditte in sub appalto – aveva mai pensato di militarizzare completamente Fincantieri, lasciando alla produzione di navi da crociera il nocciolo – core business, dicono quelli bravi – dell’azienda.

Se è vero che la costruzione di navi militari – specie a Palermo – permetteva a Fincantieri lauti guadagni, mai nessuno aveva osato pensare di trasformarla in un’azienda di difesa.

LA PARABOLA È LA STESSA subita da Leonardo, l’ex Finmeccanica che ha dismesso e svenduto l’intera parte di industria civile a partire da Ansaldo Energia ceduta ai coreani e da Ansaldo Breda data nel 2015 ai giapponesi di Hitachi, senza dimenticare Selex nel 2016 per arrivare alla prima privatizzazione del governo Meloni con la svendita della partecipazione in Industria italiana autobus alla Seri, gruppo senza alcuna esperienza nel ramo.

Ora che Leonardo è totalmente un’azienda della difesa grazie alla promozione ad amministratore delegato dell’ex ministro grillino del governo Draghi Roberto Cingolani, siamo alla chiusura del cerchio. Se lui sarà ulteriormente promosso a commissario Ue, c’è da scommettere che a sostituirlo sarà un altro generale. Dopo tutto è l’industria più fiorente al mondo e il governo Meloni la considera il suo core business.