Ancor prima delle riaperture della Fase 2, il Covid19 ha già ucciso 129 lavoratori e contagiato 37 mila addetti. Sono le denunce presentate all’Inal entro al 4 maggio con l’aggiornamento dei dati precedentemente fermi al 21 aprile. Nelle due settimane di pre-allentamento i dati non sono positivi: 31 morti in più e quasi novemila contagi.
Il conteggio parte da fine febbraio: nelle ultime due settimane i morti sono stati 2,21 al giorno contro una media 2,01 pari al 10 per cento in più. I contagi nelle ultime settimane sono 642 contro una media nell’intero periodo di 578, con un aumento dell’11 per cento.

[do action=”citazione”]9mila contagi e 31 morti nelle ultime due settimane pari a 2,21 morti al giorno contro una media 2,01. I contagi 642 contro una media di 578, con un aumento dell’11%[/do]

Se le denunce di infortuni-contagi la quota femminile è del 71,5%, al contrario l’82,2% dei decessi sono di lavoratori maschi. Tra i casi mortali quelli riferiti al personale sanitario e dell’assistenza sociale sono il 40%. La categoria professionale dei «tecnici della salute» – infermieri e fisioterapisti – con il 43,7% degli infortuni e il 18,6% dei decessi è quella più colpita, seguita dagli operatori socio-sanitari (20,8%), dai medici esclusi quelli di base (12,3%), dagli operatori socio-assistenziali (7,1%).
L’analisi territoriale evidenzia che quasi otto denunce su 10 di infezione sul lavoro sono concentrate nel Nord-Ovest (53,9% del totale) e nel Nord-Est (25,2%), con gli altri casi distribuiti tra il Centro (12,5%), il Sud (6,0%) e le Isole (2,4%). Tra le regioni il primato negativo spetta alla Lombardia, con oltre una denuncia su tre (34,2%) e quasi il 43% dei casi mortali, seguita da Piemonte (14,9%), Emilia Romagna (10,0%), Veneto (8,9%), Toscana (5,8%) e Liguria (4,2%). L’età media dei contagiati è di 47 anni per entrambi i sessi, ma sale a 59 anni (58 per le donne e 59 per gli uomini) se si concentra l’attenzione sui soli casi mortali. A ulteriore conferma della maggiore vulnerabilità al virus delle fasce di età più elevate della popolazione, il 43,1% delle denunce e oltre due decessi su tre riguardano i lavoratori di età compresa tra i 50 e i 64 anni. Più del 20% dei casi mortali, inoltre, ricade nella fascia di età oltre i 64 anni: gente che in gran parte degli altri paesi sarebbe già stata a godersi la pensione.
«Il ruolo dell’Inail in questo momento è fondamentale – commenta il neo componente del cda Cesare Damiano, ex ministro Pd – contribuiamo alla fase 2 e con Impresa sicura finanziamo con 50 milioni le imprese per adattarsi ai protocolli di sicurezza, specie le più piccole che fanno fatica a far fronte all’inevitabile aumento dei costi».
Rispetto al tema sicurezza e salute sul lavoro in Italia ora ci troviamo davanti ad un paradosso normativo. Si può denunciare all’Inail una morte o un infortuni per Covid 19, ma nel nostro paese non è stata aggiornata la Valutazione del rischio di contagio. Se i positivi Protocolli firmati da governo e parti sociali hanno predisposto cosa si deve fare per evitare il contagio sui posti di lavoro – senza però distinguere i rischi che i vari lavori comportano: una commessa è molto più a rischio di un giornalista – al momento il nuovo Ispettorato nazionale del Lavoro (Inl) e molte regioni – prima fra tutte il Veneto – hanno considerato «non giustificato l’aggiornamento del Documento di valutazione di rischio», espressamente previsto invece dal Testo unico sulla sicurezza sul lavoro (decreto legislativo 81 del 2008). Sul tema è intervenuto l’ex pm Raffaele Guariniello, vera istituzione in materia, che ricorda come «il Documento di valutazione del rischio costituisce un documento dinamico» e quindi da aggiornare. Guariniello cita il Covid-19 come «agente biologico gruppo 3 («può causare malattie gravi e può propagarsi nella comunità») e in questo senso «la violazione dell’obbligo di effettuare la valutazione ed elaborare il Documento di rischio contempla pene più severe», anche per il combinato disposto «con il decreto Cura Italia (decreto 18/20209) applicabile ai datori di lavoro pubblico e privato» che mette questi ultimi a rischio di rientrare nel articolo 365 del codice penale connesso al delitto di «omicidio colposo» assieme al Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp).
Ad invitare i paesi ad «aggiornate la valutazione del rischio» è anche l’Unione europea attraverso la European agency for safety and health at work nella sua ultima pubblicazione.