Morsi: «Processate i golpisti»
Egitto Si è aperto al Cairo il processo all’ex presidente destituito ad agosto dal generale Sisi
Egitto Si è aperto al Cairo il processo all’ex presidente destituito ad agosto dal generale Sisi
Il 3 agosto 2011 l’uomo più potente d’Egitto Hosni Mubarak comparve davanti ai giudici per rispondere dell’accusa di aver ordinato di sparare sui manifestanti. Ma è la prima udienza del processo Morsi di ieri all’Accademia di polizia a Tagammu el Qamis, periferia del Cairo, ad avere il sapore della resa dei conti. Stavolta ad aver incitato all’uccisione di manifestanti (negli scontri al palazzo presidenziale del dicembre 2012 dopo la tentata estensione dei poteri presidenziali) sono i Fratelli musulmani. Morsi è arrivato in volo dal carcere di Tora ed è apparso dietro le sbarre, che fino a pochi mesi fa nascondevano il volto di Mubarak (ora libero). È comparso per la prima volta sugli schermi della tv pubblica (dopo le immagini rubate dal Watan), dimagrito ma combattivo.
«È stato un colpo di stato militare, dovrebbero essere giudicati i leader di questo golpe», ha subito chiarito Morsi, mentre gli altri 14 leader della Fratellanza, con lui in gabbia, osannavano l’ex presidente con il simbolo della strage di Rabaa el Adaweya: quattro dita (in arabo rabaa). «Io sono il presidente della Repubblica, questo tribunale è illegale», ha aggiunto Morsi, nonostante le urla di giornalisti e pubblico a favore dell’esercito.
Il processo è stato aggiornato all’8 gennaio e l’imputato trasferito nel carcere di Borg el Arab ad Alessandria per ragioni di sicurezza. Dopo la ricusazione dei giudici nel processo che coinvolge la guida suprema Mohammed Badie e il leader carismatico Khairat al Shater, le udienze in corso si trasformano nell’unico palcoscenico dove la Fratellanza può opporsi al colpo di stato militare del 3 luglio. Mentre Morsi e i suoi familiari dichiaravano di non riconoscere la Corte e definivano l’udienza una «farsa», le forze dell’ordine disperdevano la folla che ha assediato la Corte costituzionale nel quartiere di Maadi al Cairo. Alcuni contestatori della Fratellanza hanno attaccato le troupe televisive. L’intera zona era sotto il controllo di 20mila uomini delle forze di sicurezza.
In questo clima è sbarcato al Cairo per una visita lampo, prima di raggiungere Ryad in Arabia saudita, il segretario di Stato americano John Kerry. È la prima volta che il rappresentante della politica estera americana ha visitato l’Egitto dopo il colpo di stato. Kerry ha chiesto di non posticipare lo stato di emergenza (dichiarato lo scorso agosto), parlando di un possibile riavvicinamento tra Cairo e Washington con la ripresa degli aiuti militari annuali, congelati nei mesi scorsi dalla Casa bianca.
Ma ormai la candidatura alle presidenziali del ministro della Difesa Abdel Fattah Sisi diventa sempre più probabile. Rifai Nasrallah è il coordinatore di una campagna di raccolta firme a sostegno di Sisi che, per l’organizzatore, avrebbe raggiunto già oltre 15 milioni di consensi. Sfottuto dal comico Bassem Youssef che, tornato in tv, con il suo show El Barnameg (il programma) non ha lesinato critiche né all’esercito né ai Fratelli musulmani.
Dopo un controverso anno al potere il partito politico Libertà e giustizia, emanazione dei Fratelli musulmani, non è riuscito a controllare le istituzioni pubbliche. E così, in una straordinaria intervista alla stampa locale, il capo delle forze armate ha ripercorso i rapporti con Morsi prima della sua destituzione. Sisi ha fatto riferimento all’ultimo incontro del 12 aprile 2013 in cui ha affrontato i temi del progetto di legge sulla creazione di una zona di libero scambio nel Canale di Suez e dell’apparizione sui siti internet vicini alla Fratellanza della mappa egiziana senza il triangolo di Halayeb, conteso con il Sudan. In quell’occasione, Sisi avrebbe accusato Morsi di agire solo nell’interesse della sua parte politica e di essere sul punto di far precipitare il Paese nella guerra civile. Insomma, in questi mesi, la politica estera della Fratellanza è stata la principale preoccupazione dell’esercito, dai rapporti con gli Stati uniti alla gestione del valico di Rafah e al sostegno dell’opposizione al regime di Assad, fino alla crisi con l’Etiopia (ieri sono ripartiti i colloqui bilaterali sulla diga).
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