Gli ultimi anni hanno visto il diffondersi di pratiche artistiche e studi che concernono gli stati microscopici, nati nel corso di guerre e trattati, che per errori o incomprensioni della Storia, prosperano contro ogni logica (di questo tratta ampiamente il divertente Atlante delle micronazioni di Graziano Graziani, edito da Quodlibet nel 2015).

Non per caso questi movimenti suscitano assai interesse in Italia, paese che accoglie la più potente nazione minima del mondo, ossia Città del Vaticano, che non raggiunge il chilometro di distanza. Ora in questo filone Keller manda in libreria un volume ben scritto, e decisamente ricco di spunti sorprendenti dedicato alla vicenda paradossale di un borgo diviso tra Belgio, Germania e Olanda. Philipp Dröge in Terra di nessuno (nella vivace traduzione di Andrea Costa, pp. 285, € 17,50) narra brillantemente la storia di Moresnet, uno stato di poco più di tre chilometri, che fu per lungo tempo legato all’estrazione del minerale di calamina, da cui si ricavava lo zinco di migliore qualità in Europa.

La vicenda, che spesso ha dell’assurdo, prende il via al tempo di Napoleone, ed è sancita dagli accordi del Congresso di Vienna, quando i diplomatici dopo sfinenti riunioni lasciano insoluto il destino di un fazzoletto di terra, che è legato a una risorsa che offre grandi possibilità di arricchimento. Da subito si evidenzia che la soluzione trovata è foriera di disastri di ogni tipo, mentre le segreterie continuano a emettere dispacci per comprendere a quale paese i cittadini debbano pagare le tasse o esprimere la loro servitù militare. Nell’incertezza il borgo aumenta per numero di abitanti, mentre la giurisprudenza che regge quella zona è sempre più sottoposta a revisioni interpretative radicali, a seconda che sia un giudice di Bruxelles o di Acquisgrana a emettere la sentenza, che spesso sarà in perfetta opposizione alla precedente. Il libro si inaugura su un dettaglio curioso della vita intima di Napoleone, che adorava una vasca di zinco, con un sistema che permetteva il continuo riscaldamento dell’acqua.

L’inventore di questo ingegnoso marchingegno, di cui l’Empereur era addirittura fanatico, si chiamava Jean-Jacques Daniel Dony. Nella storia di Moresnet il suo nome è centrale per l’invenzione di un forno di nuova concezione che permetteva la trasformazione dello zinco in modo moderno e con risultati eccezionali. Come spesso accade, geniale, ma assai scarso dal lato pratico, ebbe disastri di ogni tipo, finché la sua citta-stato cadde in mano di altri proprietari. Da allora successe di tutto: dal diffondersi della produzione e del contrabbando dell’alcol, a quello del caffè verso la Germania distrutta dopo la Seconda Guerra Mondiale. Esilarante la fase in cui per l’impegno assiduo del concittadino Karl (o Karel o Charles, a seconda del paese di riferimento) Schriever pensò, data la quantità di lingue disponibili nella piccola comunità, di farne la capitale mondiale dell’esperanto, progetto che per qualche tempo ebbe possibilità, ma poi fallì.