Affluenza bassa, brogli a Napoli, lo strano caso delle schede bianche a Roma: il Pd ha un problema? Roberto Morassut tira un lungo respiro prima di rispondere. Alle primarie di Roma era lo sfidante di Roberto Giachetti, il candidato favorito dalla benedizione di Renzi. Ha perso la sfida con il 28,2 per cento contro il 64,1, 12.281 voti contro 27.968. «Il problema – risponde – è il distacco dalla città. Che non è sanato. Restiamo l’unica forza politica in grado di mobilitare decine di migliaia di persone. Ma non ci può bastare. Noi viviamo di partecipazione. Il risultato è insoddisfacente, sarebbe sbagliato non dirselo».

La disaffezione non proviene dall’inchiesta Mafia Capitale, come dice Matteo Orfini?

È una cosa vera, ma è sbagliato cercare alibi. La verità è che non abbiamo recuperato un rapporto con la città.

Le correnti nel Pd contano ancora troppo?

Le correnti oggi sono meno arroganti. Ma il patto tra turchi- zingarettiani-turborenziani, se esistesse, sarebbe un teatrino. Nessuna di queste aggregazioni di ceto politico ha prodotto un’idea su Roma. Ho provato a stimolare il dibattito sui contenuti, ma è stato difficile. E alla fine la mobilitazione delle correnti e degli eletti è stata decisiva.

Alt. Lei era considerato il rappresentanti di altre tre correnti, quella di Veltroni, quella di D’Alema e quella di Bettini.

Una rappresentazione comica. Come quando hanno detto che ero collegato alla sinistra interna di Bersani; o ai costruttori romani, perché sono stato assessore all’Urbanistica. Cose anche in contraddizione l’una con l’altra. La realtà è che ho fatto una campagna libera e ho contato su persone libere. In questi anni mi sono svincolato dal gioco delle correnti, che ho denunciato e contrastato. Mi sono dedicato ai contenuti e non ho curato reti di eletti e di potere. E forse anche per questo ho perso.

Ora il Pd romano si rimangia le 3mila schede bianche annunciate al momento dei risultati.

Non voglio credere che il numero sia stato aumentato per gonfiare il dato dell’affluenza da 43mila votanti reali, come risultavano domenica sera al mio comitato elettorale, fino a 47 mila. Se fosse stato fatto davvero, sarebbe puerile. Se qualcuno ha pensato che questi numeri potevano dare un segno diverso a un’affluenza comunque insoddisfacente, sarebbe uno sciocco. Spero che si dia presto una spiegazione convincente. Ma di fondo c’è un problema: la paura di dire la verità anche quando è scomoda. Mettere la polvere sotto il tappeto aumenta i problemi, non li evita.

È Orfini o Renzi a nascondere la polvere? Ovvero il partito romano o quello nazionale?

Certo su Roma c’è stata una reticenza a dare una spiegazione vera a questo voto. Ma in generale vedo che abbiamo difficoltà a fare un discorso serio sul partito. Che va ricostruito ovunque e che fatica a andare oltre all’immagine del segretario che è anche presidente del consiglio.

Anche sul caso di Napoli i vertici del Pd si sono precipitati a dire che il risultato non sarebbe cambiato, ben prima di una valutazione delle contestazioni.

Ho visto che la commissione di garanzia ha respinto il ricorso di Bassolino perché era stato presentato in ritardo. Ma è una spiegazione burocratica. Noi non siamo il Tar, siamo una comunità di donne e uomini che promuove la partecipazione, rispondere con una questione di termini scaduti è risibile. Si affronti il tema, si ricalcolino le schede. Altrimenti le persone non si fideranno più di noi.

Lei si candiderà? Giachetti le ha proposto qualcosa?

No, ho fatto la mia parte e sosterrò Roberto in maniera del tutto disinteressata. Presto organizzerò un’iniziativa per presentare il programma che avevo proposto, e chiederò a Roberto di partecipare. In modo che chi mi ha sostenuto possa ora sostenere lu i ma su un programma: abbassare la pressione fiscale, aumentare gli investimenti. E avviare la riforma dello status della Capitale in una Regione: a Roma serve una riforma istituzionale forte, non l’ennesima finzione. In giunta avrei coinvolto Livia Turco, Marco Lodoli ed un grande manager italiano per il personale, non faccio il nome per questioni di opportunità. Poi spetta a Roberto valutare come coinvolgere le persone che non lo sostenevano.

Sta pensando già alle liste?

Sulle liste credo che Roberto debba fare un grande rinnovamento. Giusto confermare i consiglieri che hanno i titoli, che sono risorse importanti. Ma mi auguro che non siano composte con il bilancino di corrente, che ci sia un’apertura alle reti civiche e a forze fresche.

Farete una lista ’arancione’?

Spero che ci siano le condizioni di un accordo a sinistra, ma per farlo bisogna affrontarlo attraverso i contenuti. Sono elezioni rischiose, dobbiamo evitare di arrivare al ballottaggio indeboliti. Spero che in Sel e Sinistra italiana prevalga la responsabilità. Ma il Pd deve prendere un’iniziativa. E con il complesso delle forze ha sinistra è necessario costruire un’alleanza prima del ballottaggio.

Bray oppure Marino, e cioè due uomini democratici, potrebbero correre fuori dal Pd.

Chiedo a tutti di valutare bene l’esito della loro iniziativa. Ma mi rendo anche conto che il Pd deve muoversi per evitare quello che potrebbe essere un grande danno. È il Pd a dover fare di tutto per non disperdere le forze.