Dopo essere passati dalla pietra al polistirolo in occasione di mostre «esperienziali» di dubbio gusto estetico e discutibili finalità pedagogiche, i nuraghi – le alte torri a pianta circolare e forma conica elevate a migliaia in Sardegna alla fine della Media Età del Bronzo (1350 a.C. circa) e ancor oggi presenze ineludibili del paesaggio dell’Isola – hanno ispirato anche un’installazione di cartone dal titolo Nuraghe Coloru ovvero nuraghe-serpente. L’autore dell’opera è l’architetto Nir Sivan (Tel Aviv 1977), attivo in Italia dal 2006, al quale la Fondazione Mont’e Prama ha commissionato la scenografia di Archeologika, l’Expo dell’archeologia sarda svoltasi lo scorso ottobre a Cagliari nella cornice del Bastione Saint Remy.

SE L’INSTALLAZIONE balza ora agli onori della cronaca non è certo per l’eco, difatti inesistente, del suo successo. A riportarla all’attualità è un’inchiesta apparsa il 27 gennaio sull’Unione Sarda, relativa alle spese «giganti» della Fondazione Mont’e Prama, che dal 2021 si occupa della gestione e della valorizzazione del patrimonio archeologico della penisola del Sinis (provincia di Oristano) ma soprattutto delle ormai celeberrime sculture di arcieri, guerrieri e pugilatori, datate tra il IX e l’VIII secolo a.C. e rappresentative di una «élite» della società nuragica.

Come si evince da una delibera pubblicata sul sito web della suddetta fondazione, la somma disposta per l’allestimento delle scenografie di cartone – 2000 volumi cubici vuoti che sono stati assemblati in un percorso sinuoso, a imitazione dei profili delle regge nuragiche – ammonta a circa 168mila euro. Tale cifra – attribuita con affidamento diretto dalla Fondazione Mont’e Prama, in convenzione con l’assessorato del Turismo, artigianato e commercio della Regione Sardegna, alla O.E. Character Srl di Sassari – risulta esorbitante, specie se confrontata con i sempre più esigui investimenti che la Regione Sardegna destina alla ricerca archeologica e alla tutela dei monumenti.

NON È NOTO, invece, l’onorario percepito da Sivan mentre quello (indicato da testate locali intorno ai 33mila euro) dell’archeologo Giorgio Murru, direttore «scientifico» della kermesse, fu oggetto lo scorso luglio di perplessità da parte di una dirigente dell’assessorato del Turismo della Regione. In quella circostanza si evidenziò un surplus di spese connesse alla manifestazione (che infatti slittò di un mese) pari a 500mila euro rispetto al milione già pattuito. Considerato che la fiera cagliaritana ha come fine quello di promuovere il turismo culturale e archeologico della Sardegna, ci si chiede perché la Fondazione Mont’e Prama si sia rivolta a colpo sicuro a uno studio basato a Roma e dal curriculum non particolarmente degno di nota anziché bandire un concorso pubblico, magari indirizzato a giovani architetti e artisti sardi.

Intanto, in Consiglio regionale – dopo l’approvazione di un emendamento alla legge finanziaria che assegna ulteriori 5 milioni di euro alla Fondazione Mont’e Prama fino al 2025 (la precedente dotazione era di 12 milioni) – esponenti dell’opposizione ma anche della maggioranza chiedono verifiche sulle spese di gestione che, per il 2022, ammontano a più di un milione di euro, e su quelle concernenti Archeologika, costata un altro milione per soli tre giorni di eventi.

A QUESTO PROPOSITO è intervenuto il 31 gennaio – sempre sulle pagine dell’Unione Sarda – l’assessore al Turismo Gianni Chessa, per il quale l’esoso dispendio di risorse pubbliche sarebbe giustificato dal prestigio acquisito portando i Giganti nei musei più importanti del mondo. E di una nuova «tournée» delle statue non solo a New York per la già annunciata esposizione al Metropolitan Museum ma anche a Barcellona, Londra, Parigi e persino in Cina parla l’assessore regionale alla Programmazione e al bilancio Giuseppe Fasolino.

Non è dato sapere se a intraprendere i futuri viaggi sarà ancora «Manneddu», il pugilatore che ha già attraversato mezza Europa (Berlino, San Pietroburgo, Salonicco e Napoli) al seguito della mostra Sardegna Isola Megalitica o se verranno coinvolti altri esemplari del complesso scultoreo scoperto nel 1974 nella collina di Mont’e Prama, a una decina di chilometri da Cabras.

Quel che è certo, invece, è che la Fondazione tenuta a battesimo dall’ex ministro della Cultura Franceschini porta avanti una strategia che è un mélange di marketing – finora più utile alla fondazione stessa che alla comunità – e di accordi di natura prettamente economica siglati con istituzioni pubbliche e società private per rafforzare legami politici e sostenere una pletora di manager, «esperti» e consulenti.

L’ARCHEOLOGIA, in tutto questo, è solo mera scenografia di cartone con i Giganti ridotti a figuranti di una storia infarcita di stereotipi fiabeschi e pseudo-identitari, funzionale a una propaganda che non è buona nemmeno per il turismo di massa, figuriamoci per quello culturale. Così mentre i proclami per l’imminente riunificazione della ventina di statue già restaurate – scelleratamente e iniquamente distribuite nel 2014 tra i musei di Cabras e Cagliari a vantaggio di quest’ultima città – sono smentiti dallo stallo del cantiere per la costruzione del nuovo museo di Cabras che dovrebbe accoglierle, le sculture vengono recapitate a domicilio al cliente di turno, dall’America alla Repubblica popolare cinese. Si chiama commercio, anche se «valorizzazione» suona meglio.