Aveva ambizioni irrefrenabili, Antonello Montante. Il suo scopo sarebbe stato quello di raggiungere i piani alti a Roma. Per arrivarci avrebbe usato tutte le armi in suo possesso per affrancarsi da un passato di presunti legami con ambienti mafiosi, pianificando nei dettagli la sua strategia fatta di una fitta rete di relazioni, che come snodo finale avrebbe dovuto avere lo sbarco di suoi uomini in Parlamento.

Per lui era questo il suo approdo naturale, l’evoluzione di quel processo, avviato 11 anni prima con la «svolta» di Confindustria a Caltanissetta nella lotta al racket delle estorsioni che per i pm fu un grande bluff, che gli aveva consentito di accreditarsi come il massimo esponente dell’antimafia nel Paese, diventando delegato per la legalità dell’associazione di Viale dell’Astronomia, guidata all’epoca da Giorgio Squinzi. Con le porte spalancate dei palazzi che contano e tappeti rossi srotolati ovunque al suo passaggio, Montante era riuscito a centrare la prima fase del suo piano, quello di piazzare suoi fedelissimi prima nel governo di Raffaele Lombardo e poi in quello di Rosario Crocetta grazie ai buoni rapporti con due ex senatori e suoi big sponsor, Giovanni Pistorio e Beppe Lumia.

Il «sistema di potere», che reggeva su su rapporti con politici e uomini delle istituzioni ad altissimi livelli in un intreccio di favori, raccomandazioni e scambi d’informazioni tanto da conoscere le audizioni secretate dalla commissione Antimafia grazie a una «talpa», gli sarebbe servito proprio a sedersi nei posti più ambiti della Capitale. Ne sono convinti i pm di Caltanissetta che hanno indagato su di lui per quattro anni, come emerge dall’ordinanza, emessa dal gip due giorni fa, che ha disposto l’arresto per l’ex presidente di Confindustria in Sicilia con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.

L’imprenditore, che ieri è stato interrogato per diverse ore dai pm alla presenza del suo avvocato Nino Caleca, avrebbe cominciato a tessere la sua tela agli inizi del Duemila. In una conversazione intercettata, Michele Trobia, presidente del Tennis club di Caltanissetta, si definiva un «distributore di mazzette», dipingendo Montante come una persona «pericolosissima», che lo avrebbe coinvolto in «cose assurde» parlando di 800 e 600 milioni consegnati a Cuffaro. Parole incrociate con quelle di Marco Venturi, ex capo degli industriali a Caltanissetta, secondo cui «Montante era solito ripetere che pagava la campagna elettorale a tutti… con contributi in nero». Cuffaro annuncia querele. Il grande «salto» però Montante lo fa col governo Lombardo. Con Pistorio e Lumia, secondo le testimonianze raccolte dai pm, avrebbe fatto parte del «blocco di potere» che spinse Lombardo a mollare il centrodestra per aprire il suo governo al sostegno esterno del Pd. Ai pm, l’avvocato Gaetano Armao, che all’epoca era assessore all’Economia (ruolo che ricopre anche oggi nella giunta di Nello Musumeci), conferma. Ma l’imprenditore puntava in alto e, scrive il gip, «esternava espressamente la volontà di collocare in futuro dei propri rappresentanti nel Parlamento nazionale».