È stato pubblicato il decreto del ministro della salute Speranza che autorizza a impiegare un fondo 400 milioni di euro già stanziati in finanziaria per l’acquisto di farmaci a base di anticorpi monoclonali anti-Covid-19. L’autorizzazione alla distribuzione riguarda due cocktail di anticorpi monoclonali prodotti da due aziende statunitensi, la Regeneron e la Eli Lilly. L’acquisto di farmaci non ancora autorizzati al commercio è reso possibile da un decreto legislativo del 2006 «in caso di sospetta o confermata dispersione di agenti patogeni, tossine, agenti chimici o radiazioni nucleari potenzialmente dannosi (…) al fine di fronteggiare tempestivamente l’emergenza».

Per ricorrere agli anticorpi monoclonali, che l’Agenzia europea del farmaco ha appena iniziato a valutare, il ministero ha messo la pandemia sullo stesso piano di un attacco chimico-batteriologico. A proporre la singolare procedura è stato lo stesso Cda dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) presieduto da Giorgio Palù, acceso sostenitore degli anticorpi nonostante le cautele della Commissione tecnico scientifica dell’agenzia. Autorizzare in Italia gli anticorpi monoclonali, date le attuali conoscenze scientifiche, non era dunque un atto di ordinaria amministrazione per l’Aifa, come invece sostenuto da molti fautori di queste terapie.

Il decreto ha fatto propri i pareri dell’Agenzia italiana del farmaco espresso venerdì scorso, a cui si è aggiunto anche quello del Consiglio Superiore di Sanità (Css). Anche quest’ultimo pone diversi paletti sull’utilizzo dei monoclonali, su cui forse si è creata un’aspettativa eccessiva. «Sebbene sia possibile che gli anticorpi monoclonali contribuiscano a migliorare l’outcome clinico in pazienti selezionati per caratteristiche di rischio di sviluppare malattia grave o addirittura fatale» scrive il Consiglio, «ulteriori studi rigorosamente condotti e includenti un numero maggiore di pazienti sono necessari per meglio definire quali pazienti possano realmente beneficiare di questo trattamento e in quali contesti clinici». Il parere del Css sottolinea «l’assenza di beneficio terapeutico derivante dagli anticorpi monoclonali nei pazienti ospedalizzati con fase avanzata di malattia che, di conseguenza, non dovrebbero essere considerati per questo trattamento».
Gli anticorpi disponibili finora, infatti, si sono dimostrati efficaci negli studi clinici solo a certe condizioni: in pazienti con sintomi lievi nelle prime 72 ore dalla loro comparsa e con fattori di rischio elevati legati all’età e ad altre patologie. Rispetto a quanto raccomandato dall’Agenzia del Farmaco, viste le tante incertezze il Css ha persino chiesto di restringere ulteriormente la platea dei pazienti che potranno riceverli.