«Mondo Exotica», il fascino tentacolare del Lounge
Pagine/Una nuova edizione del libro di Francesco Adinolfi, aggiornata e ampliata, sul fenomeno della Generazione Cocktail e su come musica, arte, cinema, televisione e pubblicità possono trasformarsi in armi culturali esotiche, subdole e infide Un testo multiforme che intreccia generi musicali, manie, immaginari. Occhio al dio Tiki
Pagine/Una nuova edizione del libro di Francesco Adinolfi, aggiornata e ampliata, sul fenomeno della Generazione Cocktail e su come musica, arte, cinema, televisione e pubblicità possono trasformarsi in armi culturali esotiche, subdole e infide Un testo multiforme che intreccia generi musicali, manie, immaginari. Occhio al dio Tiki
Il movimento filosofico che dal disordine generale tende al cosiddetto «Universo semantico globale» – la negazione del caos che le concrete strutturazioni della cultura ci offrono attraverso la produzione di testi e metatesti – suggerisce diversi e talvolta contraddittori modelli di rappresentazione: l’opposizione dizionario/enciclopedia, ad esempio, rimanda a due repertori differenziati delle nostre conoscenze, laddove il dizionario costituirebbe il perimetro circoscritto delle conoscenze linguistiche significanti, l’enciclopedia rappresenta l’insieme generale delle conoscenze sul mondo, di natura fattuale e potenzialmente aperto, se non illimitato.
DUE RAPPRESENTAZIONI
Nello scarto tra queste due possibili rappresentazioni «testuali» risiede la tensione irrisolvibile, e magnetica, che tiene insieme Mondo Exotica-Suoni, visioni e manie della Rivoluzione Lounge di Francesco Adinolfi, un libro multiforme che si può leggere in tanti modi.
Un testo così pieno zeppo di nomi, elenchi, date, citazioni e oltre centoventi pagine di note, lascerebbe pensare, a un primo approccio, al modello del dizionario. Definizioni, collocazioni, succinte introduzioni a fatti e cose di una certa stagione culturale o musicale. Poi si raggiunge la cinquantina di pagine e ci si imbatte nella citazione di una voce dal Webster’s Dictionary (il lemma è, guarda caso, «Exotica»): un meta-dizionario, dunque? Qualcosa di più, e tramontata l’ipotesi del vocabolario, ecco spiegata la tensione: Mondo Exotica è un esperimento enciclopedico. Ogni enciclopedia è naturalmente inesauribile e irrappresentabile, perché la conoscenza fattuale del mondo, anche di un mondo, è illimitata: Mondo Exotica è un libro in fieri, e non solo perché torna ora, a vent’anni dalla prima uscita, in una nuova edizione, ampliata, aggiornata e riveduta (da Marsilio, pp. 635, euro 19). Piuttosto perché dalle sue fronde (l’albero, altra «visione» semiotica par excellence, evocata dallo stesso autore nella nuova introduzione) germogliano, o sembrano sul punto di farlo in continuazione, nuovi spunti, altri rimandi, connessioni inedite. Caso significativo quello delle note finali, talmente dense di racconto e dettaglio da arrivare a fare testo a sé stante. È anche un dizionario, nella misura in cui esso è un modo «particolare» di rappresentare l’ordine generale dell’enciclopedia, ma tende a dislocare i fatti, i luoghi e le persone di cui si interessa secondo una regola ordinatrice: ne scaturisce il racconto di un mondo intero, che non a caso esordisce con una cosmogonia minore (dal Tiki agli «Dei» esotici di Sheraton e Disney). Quel mondo è il Lounge.
Ora, si presume che questo mondo surrettizio creato da una penna felice, questo certo Lounge, debba essere esistito davvero. Chi scrive è nato nel 1989, quando la «rivoluzione cocktail» cominciava, si dice, a dare i suoi più strambi frutti. Questo universo fatto di luci e musica, di appropriazioni culturali a fini edonistici e a volte svilenti, di travasi imperfetti e musica derivata da generi remoti e giunta a «colonizzare» mezzo mondo, non potrebbe essere una invenzione letteraria? Frasi come «La regina dell’esotismo era nata in Perù nel 1922» (pp. 129) non fanno che aumentare il fascino di questa ipotesi, del resto. Tra il serio e il faceto, il dubbio sarebbe legittimo, ma alcuni elementi lo possono confutare facilmente: innanzitutto la precisione della documentazione storica di un testo nato, peraltro, in epoca pre-internet, che ha richiesto anni di ricerche e interviste, fatica improba quanto preziosa (le interviste contribuiscono ad «avvicinare» il racconto, conferendogli un’appassionante patina live); in secondo luogo, e soprattutto, la musica. Proporre Mondo Exotica a generazioni successive a quelle dell’autore significa prima di ogni altra cosa suggerire l’ascolto di tanta (buona) musica. Superata, diciamo, la pagina numero 100 (ma forse era a pagina 91, quando Martin Denny dice di aver trovato il suono impastando il Boléro con vibrafono e «versi di uccelli»), sarà persino difficile non proseguire nella lettura al ritmo ipnotico di soffuse percussioni metafisiche.
NOTE PREDILETTE
Scegliendo un proprio ritmo prediletto, si può seguire Mondo Exotica come un viaggio nell’esotismo in generale, e nelle sue declinazioni in musica, nello specifico. Si può tracciare, grazie a questo libro, una genealogia della «generazione cocktail» nata negli anni Novanta del Novecento da una mescolanza di generi e posture culturali appartenute ai decenni precedenti. Se ne può ricavare, attraverso lo sguardo lucido e disincantato dell’autore, una immagine contraddittoria, fatta di sinceri impulsi iconoclasti (l’aspetto della liberazione sessuale offerto dall’adozione simbolica del Tiki, la depurazione dell’esotico dal razzista) e meste incursioni nel cuore di tenebra dell’occidente che tutto fagocita, e spesso restituisce sotto forma di merce ciò che aveva manipolato.
Il libro tiene insieme un repertorio vastissimo, dalla cultura pop (inclusi film e telefilm, citati a decine) alla sociologia, dalla storia alla musicologia, dalle ricette alcoliche alle discografie.
Soprattutto, scava nella tradizione popolare legata al culto dell’esotismo proponendone una originale «archeologia culturale» (la parola lounge è essa stessa il frutto di una profonda stratificazione). L’operazione riesce ancor più evidente nel caso specifico dell’Italia, sotto le cui più innocenti spoglie pop si celano atavici rimandi al fascismo e al colonialismo, e che trovandosi in una posizione di subalternità rispetto agli Stati Uniti ha in qualche modo vissuto un suo originale ed eccentrico revival exotica. Alla fine del viaggio sono presagite le ulteriori rifrazioni dell’orientalismo, successive a quelle degli anni Novanta, nelle quali si può già intravedere il nostro presente, che non ha certo disimparato l’arte di arraffare qualche parolina magica al profumo d’oriente per costruirci sopra nuovi amari «cocktail». Ma almeno prima c’era la musica buona.
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