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Mohammed Bakri, «Jenin, Jenin» bandito da Israele

Mohammed Bakri, «Jenin, Jenin» bandito da IsraeleMohammed Bakri

Film La presidente della corte di Lod ha condannato il regista palestinese per il suo documentario del 2002

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 13 gennaio 2021
Michele GiorgioGERUSALEMME

Per quasi 19 anni Mohammed Bakri è stato oggetto di insulti e calunnie. Ha passato più tempo ad occuparsi della sua causa giudiziaria che del suo lavoro di attore, di successo fino al 2002. Dall’essere una figura rispettata e apprezzata nel mondo del cinema israeliano negli anni ’80 e ‘90, nel nuovo millennio Bakri ha vissuto un incubo kafkiano generato dal suo film documentario «Jenin, Jenin». È stato sballottato da un’aula di tribunale all’altra, è rimasto in piedi davanti a riservisti dell’esercito israeliano determinati ad ottenere la sua condanna per diffamazione, anche se il film non è stato proiettato per anni.

Condanna che è arrivata due giorni fa. La corte distrettuale di Lod ha stabilito che la proiezione e la distribuzione in Israele di «Jenin, Jenin» sono vietate e che tutte le copie del film vanno sequestrate. Ha inoltre ordinato a Bakri di risarcire con 175mila shekel (55mila dollari) il tenente colonnello Nissim Magnagi che per pochi secondi appare nel film, in immagini di archivio, durante l’assedio dell’aprile 2002 al campo profughi palestinese di Jenin in Cisgiordania, oggetto del documentario girato dal 69enne attore e regista palestinese. Bakri dovrà anche pagare le spese processuali con 50mila shekel (16mila dollari).

Il film è il racconto di uno dei capitoli più dolorosi della seconda Intifada e dell’offensiva israeliana “Muraglia di difesa”. Il campo profughi palestinese di Jenin, ritenuto dai servizi israeliani un serbatoio dei kamikaze che in quel periodo colpivano nelle città dello Stato ebraico, venne circondato per settimane dall’esercito. I combattimenti tra migliaia di civili in fuga furono furiosi, oltre a decine di palestinesi rimasero uccisi in un agguato una quindicina di militari israeliani. Quando fu tolto l’assedio circa la metà del campo appariva ridotto in un cumulo di macerie. I palestinesi accusarono l’esercito di aver commesso un crimine di guerra. Israele respinse l’accusa con forza. Per mesi la vicenda fu al centro di un acceso dibattito internazionale. Bakri, che era stato un sostenitore degli accordi di pace di Oslo tra Israele e l’Olp, fu molto colpito dall’accaduto e decise di investigare usando la macchina da presa. «Jenin, Jenin» fu subito censurato e successivamente rimesso in circolazione dalla Corte Suprema. Quindi di nuovo bloccato dalla denuncia di diffamazione presentata prima da un nutrito gruppo di riservisti, infine dal solo tenente colonnello Magnagi, l’unico militare riconoscibile nelle scene. L’attore bello e affascinante che desideravano conoscere anche tanti israeliani ebrei, l’artista considerato un simbolo della coesistenza nel mondo della cultura, divenne un nemico, un avversario colpevole di aver messo sotto i riflettori le forze armate in quella che quasi tutti gli israeliani consideravano una guerra contro il terrorismo.

  La presidente della corte di Lod, Halit Silash, ha scritto che il film di Bakri è un finto documentario e che il suo autore «ha deliberatamente scelto di non fare alcun controllo, minimo o preliminare, delle accuse e dei fatti contenuti nelle interviste che vi ha incluso». Ha concluso che «non c’è verità nelle principali argomentazioni del film, non c’è buona fede nella loro presentazione e che l’imputato non ha intrapreso alcun passo per provare determinate affermazioni». Esausto ma non piegato, determinato a ricorrere all’Alta Corte di Giustizia, Bakri ha detto a una radio locale di «aver pagato un prezzo alto» e di non aver mai chiesto la distruzione di Israele come sostengono i suoi detrattori. «Sento – ha aggiunto – di far parte di questo Stato, con tutta la complessità del mio essere un arabo palestinese». Nel 2020, in una conversazione con il manifesto, disse «Credono di dovermi dare una dura lezione perché, secondo il loro giudizio, avrei abbandonato certe posizioni per adottarne altre critiche dell’esercito e dell’occupazione. Ma io ho sempre condannato l’occupazione, è sbagliata, è illegale e continuerò ripeterlo. Non cambierò idea».

Luisa Morgantini, presidente di Assopace Palestina, che ha seguito per 19 anni la vicenda processuale di Bakri, ha annunciato che venerdì 16 gennaio alle ore 21 «Jenin, Jenin» sarà visibile sui social e in Youtube.

IL TRAILER DI JENIN,JENIN

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