Ieri il caso dei due marò ha per la prima volta registrato il sostegno ufficiale dell’Unione europea: un’internazionalizzazione della vicenda che va ad inserirsi nei colloqui diplomatici tra India e Italia, in corso – con esiti altalenanti – da quasi tre anni.

Il parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione comune circa la vicenda della Enrica Lexie, che vede i due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone accusati dell’omicidio dei due pescatori Ajesh Binki e Valentine Jelastine. L’assemblea, si legge nel documento, «sottolinea che le conseguenze dell’evento del 15 febbraio 2012 dovrebbero (…) essere gestite nella rigorosa osservanza dei principi dello Stato di diritto, rispettando pienamente i diritti umani e giuridici delle persone presumibilmente coinvolte». Riferimento alle limitazioni della libertà imposte a Latorre e Girone dalla giustizia indiana e, per il primo, parzialmente sospese con una licenza di rientro in Italia per motivi di salute, prorogata due giorni fa per altri tre mesi.

Per uscire dallo stallo giudiziario, l’Unione «auspica che (…) la competenza giurisdizionale sia attribuita alle autorità italiane o a un arbitraggio internazionale», augurandosi però che la soluzione sia «ragionevole e accettabile per tutti». Opzione che potrebbe non soddisfare New Delhi, comportando la rinuncia ad estendere la propria giurisdizione marittima fino 24 miglia nautiche e depotenziando gli strumenti a disposizione della sicurezza indiana in termini di lotta al terrorismo, contrabbando e immigrazione clandestina.

Sarà interessante vedere le reazioni che arriveranno dall’esecutivo indiano, evidentemente chiamato in causa in via ufficiale da un organo rappresentativo dell’intera Unione europea in un caso dal quale, con la nomina del nuovo primo ministro Narendra Modi dello scorso maggio, aveva provato a tenersi alla larga da dichiarazioni tranchant.

Fino a due giorni fa, con l’ennesima non-opposizione alla proroga della licenza di Massimiliano Latorre, documentata in una lettera consegnata ai giudici della massima corte indiana, la posizione del governo di New Delhi è stata sempre piuttosto defilata, richiamandosi al principio di indipendenza del sistema giuridico nazionale chiamato a pronunciarsi circa la giurisdizione del caso.

Ora, con la risoluzione del parlamento europeo, la politica indiana è chiamata a una reazione utile per pesare la disponibilità di New Delhi a raggiungere quella «soluzione condivisa» politica già proposta da Roma.

Fino alla tarda serata di ieri, nessun politico indiano aveva rilasciato dichiarazioni in merito. C’è da considerare che nei prossimi giorni, in India, si sovrapporranno due eventi di rilievo per il paese: da settimane sono in corso i preparativi per la storica visita del presidente statunitense Barak Obama, ospite d’onore il prossimo 26 gennaio della prima Festa della Repubblica sotto l’amministrazione Modi; due settimane dopo si terranno le elezioni per il governo locale di New Delhi, che prevedono uno scontro tra il partito al governo federale Bharatiya Janata Party e il cosiddetto «partito dell’uomo comune» Aam Aadmi Party di Arvind Kejriwal.
La responsabile per gli esteri Ue Federica Mogherini, intervenendo davanti al parlamento pochi minuti dopo la votazione della risoluzione, ha rivolto un ulteriore monito all’India: «È bene che tutti abbiano piena consapevolezza di quanto e come la vertenza irrisolta sui due ufficiali di marina italiani possa avere un impatto sulle relazioni tra Unione europea e India».