Il personaggio si presta all’imprevedibilità e ai repentini cambi di posizione. Ieri mattina però l’ad di Arcelor Mittal Italia Lucia Morselli ha superato se stessa.

MENTRE TUTTI – compreso il ministro Patuanelli che ha convocato il tavolo azienda-sindacati – davano quasi per scontato l’addio del gigante franco-indiano dall’Italia, Morselli ha invece spiazzato tutti confermando con la sua proverbiale faccia imperscrutabile gli impegni presi con il governo, chiedendo solo 10 giorni in più per presentare il nuovo piano industriale: «Arcelor Mittal vuole onorare gli impegni presi fino in fondo. L’intenzione è sempre la stessa, dalla firma di questo accordo anche con le difficoltà causate dal Covid vogliamo andare avanti. Ribadisco e confermo quanto firmato a marzo: non è una conferma formale ma sostanziale. Vogliamo mantenere l’integrità degli impianti di Taranto e la sua importanza a livello europeo. L’intenzione è sempre la stessa e cioè quella che avevamo il giorno che abbiamo firmato l’intesa, sia per quanto riguarda l’investimento sia per quanto riguarda i sindacati con cui dover fare tutti insieme un lavoro sull’occupazione».

Avevano tutti mal compreso i segnali di Arcelor Mittal di queste settimane – cassa integrazione in tutti gli stabilimenti dopo la corsa a riaprire ad aprile, alcuni praticamente fermi e boatos sull’addio all’Italia dell’uomo dei conti Sushil Jain, annunciato perfino dal Sole24Ore e smentito all’ultimo dall’azienda – oppure Morselli sta solo prendendo tempo nella complicatissima partita giudiziaria, economica e politica che avvolge l’ex Ilva?

PER AVERE UNA RISPOSTA più precisa toccherà aspettare proprio i 10 giorni chiesti – e ottentuti – da Morselli. Nel frattempo tutto rimane in bilico. A partire dai quasi 11mila lavoratori diretti del gruppo più quelli ancora in capo all’amministrazione straordinaria ex Ilva e quelli dell’indotto che ieri hanno scioperato da Taranto a Cornigliano passando per gli altri stabilimenti e che hanno appreso del nulla di fatto al tavolo con rabbia. A Genova i lavoratori hanno bloccato anche la linea ferroviaria all’interno dello stabilimento impedendo l’imbarco su una nave di un treno merci carico di prodotti finiti. «Lo sciopero a Genova non si ferma, possiamo andare avanti 10 giorni, fino al prossimo incontro», annunciano gli Rsu.

A INDISPETTIRE I SINDACATI anche l’atteggiamento del governo che con la presenza del ministro dell’Economia Gualtieri da una parte ha confermato la volontà di entrare nella nuova società – senza specificare quote e strumenti – ma dall’altra ha assecondato l’atteggiamento dilatorio di Mittal. «Lo Stato – ha dichiarato al tavolo Gualtieri – è disponibile a intervenire direttamente per avere una Ilva forte, che produca tanto, che sia leader mondiale, che abbia 10.700 occupati, che faccia investimenti significativi. Per noi d’altra parte contano i fatti. Ho sentito a questo tavolo che Mittal vuole andare avanti, proseguire, ed è pronta a presentare il piano. C’è anche la legittimità delle visioni tra chi è ottimista o pessimista ma questa è la via maestra su cui lavorare con grande determinazione».

Fim, Fiom e Uilm si sono scagliate contro l’indicazione di Gualtieri di 10.700 lavoratori. Una cifra che terrebbe fuori dal perimetro occupazionale i 1700 lavoratori ancora in amministrazione straordinaria per i quali nell’accordo del settembre 2018 era prevista una proposta di assunzione da parte di Mittal entro il 2024.

«QUELLO DI CUI PARLA IL GOVERNO non è l’accordo firmato dai sindacati. Quello prevede zero esuberi e ora non intendiamo firmarne un altro che preveda esuberi», attaccano i sindacati. La Fiom commenta: «Per noi il tempo è largamente scaduto. È necessario mantenere lo stato di agitazione in tutti i siti per evitare il rischio che i prossimi dieci giorni si trasformino in un semplice rinvio di responsabilità, a cui il governo e ArcelorMittal non si possono più sottrarre», dichiarano la segretaria generale Francesca Re David e il segretario nazionale Gianni Venturi.

Non meno dura la Uilm: «Derve una legge speciale per Ilva per attenuare disastro occupazione, economico e sociale».
Di «atteggiamento schizofrenico dell’azienda» parla la Fim Cisl, mentre l’Usb chiede al governo di «cacciare Mittal e di assumere il controllo dello stabilimento».