Fino a fine luglio in Italia resterà l’obbligo di mascherina nei luoghi chiusi, il divieto di ingresso per chi nei 14 giorni antecedenti è stato in 13 paesi (Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldova, Oman, Panama, Perù, Repubblica Dominicana), l’obbligo di quarantena per gli arrivi extra Schengen e le sanzioni per chi la viola. Il ministro della salute Roberto Speranza sceglie, come dall’inizio della pandemia, la linea «della massima prudenza». «La partita non è vinta nel mondo», dice in senato nel pomeriggio, lo ripete in serata alla camera dove illustra il nuovo dpcm che proroga fino a fine luglio le misure sanitarie anticovid in scadenza ieri.

SU QUESTO SPERANZA incassa i sì sulla risoluzione di maggioranza ma in fondo mette d’accordo tutti. Un po’ perché il suo stile è dialogante («lei usa parole garbate», gli riconosce il senatore forzista e per altri versi forsennato Maurizio Gasparri); un po’ perché dice cose di puro buon senso che nessuno può contestare senza coprirsi di ridicolo (salvo poi però fare l’opposto, non indossare la mascherina e non rispettare il distanziamento fisico, come il leader leghista Salvini fa spesso fra i suoi fan). Ma soprattutto perché le opposizioni non ce l’hanno con lui: fanno fuoco preventivo contro la proroga dello stato di emergenza che il presidente Conte ha annunciato venerdì scorso a margine di una conferenza stampa sul Mose. E che buona parte della maggioranza – non tutta – ha derubricato come «scelta tecnica», nel caso in cui la pandemia dovesse riprendere forza e il governo dovesse aver bisogno di continuare ad usare i contestatissimi strumenti di emergenza.

IL MINISTRO USA TONI PACATI, chiede di non smarrire «un filo di collaborazione». In Italia, spiega, la chiave «per piegare la curva del contagio è stata la sintonia di fondo tra le misure adottate e il sentire comune della popolazione. Non è mai stata la chiave securitaria quella decisiva, ma la convinzione delle persone. Io penso che la democrazia e le sue regole rappresentino sempre un punto di forza, mai un punto di debolezza. E credo che queste riflessioni valgano anche per i prossimi mesi». Per Speranza c’è una strada per conciliare stato di emergenza («l’emergenza non è archiviata», avverte) e Costituzione (non è quella che fin qui ha usato il governo, in aula la destra gli risponderà citando il costituzionalista Sabino Cassese). Ma è possibilista sugli strumenti: «Discuteremo alla camera e al senato, con uno specifico ordine del giorno, della eventuale proroga. Al momento nessuna decisione è stata assunta. Dovrà riunirsi il consiglio dei ministri e, personalmente, sono convinto che il parlamento debba essere pienamente protagonista del percorso decisionale».

LE DESTRE SI ATTACCANO all’espressione «ordine del giorno», fingono di capire male, o forse proprio non capiscono quello che dice il ministro. Che invece tende loro una mano. Si impegna anche a rispondere subito a un’interrogazione della Lega sul Piano antipandemia.

MA OGNI TENTATIVO DI DIALOGO smonterebbe fatalmente la propaganda delle destre, quindi va subito sventato. Così Fratelli d’Italia avverte che «il 31 luglio sarà la linea del non ritorno». «Smettetela di spaventare turisti e operatori economici con lo stato di emergenza e se serve intervenite come già potete fare», urla Gasparri. Ma soprattutto è Salvini a dire chiaro e tondo che la pandemia non c’è più: «Non potete pensare di minacciare gli italiani di stare chiusi sotto ricatto o sotto terrore per altri mesi in base al nulla», «ieri i positivi sono stati solo 114, nelle terapie intensive sono rimaste solo 60 persone», e se il virus in Italia c’è arriva – neanche a dirlo – dai migranti salvati in mare, «Ventotto ce li hanno mandati in regalo con gli sbarchi in Sicilia e altri 11 con gli sbarchi in Calabria. Almeno questi potresti fermarli?». Salvini tenta lo show, chiede le dimissioni della ministra dell’istruzione Azzolina (ma preoccupazioni sulla riapertura delle scuole arrivano anche da Vasco Errani, Leu), poi si scatena sul caso Autostrade: «Gli unici che stanno facendo un regalo ai Benetton sono al governo, avete bloccato la Gronda, state bloccando il paese con i vostri pregiudizi». La replica è di un peso massimo del governo gialloverde, l’ex ministro Toninelli: «La Lega non è mai stata d’accordo sulla revoca della concessione ad Aspi, siamo stanchi di queste menzogne».

EPPURE LA LINEA di demarcazione fra chi dice sì alla proroga dello stato di emergenza e chi dice no non coincide perfettamente con quella fra maggioranza e opposizione: «Oggi l’emergenza sanitaria è superata», avverte il renziano Davide Faraone, «è sbagliato anticipare una proroga al 31 dicembre delle procedure dell’emergenza», servono «misure economiche straordinarie». A Faraone qualcosa non torna dentro la maggioranza: «Diciamo che l’emergenza sanitaria ancora c’è e non prendiamo in emergenza le risorse straordinarie Mes per il sistema sanitario?»