Ci vuole la prospettiva di genere di Rachele Damiani, psicologa e attivista della casa delle donne autogestita Lucha y Siesta, per spiegare la fatica di Sisifo di fronte alla quale si trova lo spazio sociale Esc, nel quartiere romano di San Lorenzo, di fronte alla sentenza del tribunale civile che ha condannato chi lo gestisce a pagare quasi 300 mila euro di arretrati, equiparando il canone che deve versare al Comune di Roma a quello di un qualsiasi posto commerciale. Questa, spiega Damiani all’assemblea che Esc ha convocato, è la condizione tipica delle donne: dover giustificare e dimostrare ogni giorno la fatica del lavoro di cura: «È una forma di violenza: dover rendere conto delle nostre attività ai tribunali».

A un anno dallo sgombero del cinema palazzo il quartiere di San Lorenzo, da dove partivano gli operai per difendere Antonio Gramsci dalle minacce fasciste alla sua casa vicino al Policlinico e da dove partivano i cortei studenteschi dell’Onda rischia di perdere un altro bene comune. In questa stessa situazione si trovano decine di spazi sociali romani. Accade nei giorni in cui si insedia una nuova giunta di centrosinistra che promette discontinuità rispetto al passato. «Quello che stiamo vivendo è frutto della politica legalitaria e contabile della giunta Raggi», dicono a Esc. «I centri sociali non sono nicchie antagoniste – spiega Emiliano Viccaro di Casale Garibaldi – Sono spazi di mutualismo. C’è ormai una trama che ognuno di noi può vivere quotidianamente e che si contrappone ad un assedio neoliberale ottuso che non fa i conti con la trasformazione della città. Eppure i movimenti di lotta per la casa negli ultimi anni hanno assegnato più case del comune, gli eventi culturali vengono da questi posti, di fronte alla distruzione del lavoro i precari si organizzano in questi spazi. Siamo autogoverno, per questo l’attacco a Esc è un attacco a un modello di città». Ma, come dice a chiare lettere Serena Fredda aprendo la riunione, «è impossibile pensare al futuro senza risolvere il pregresso e i problemi attuali non si può progettare con una pistola puntata alla tempia un debito esorbitante che non è dovuto».

Giuseppe De Marzo di Libera annuncia di trovarsi «nel posto migliore per difendere la giustizia sociale ». Il responsabile politiche sociali dell’associazione antimafia di don Luigi Ciotti dice di essere «contrario a una legalità che è diventata fonte di ingiustizia». «Ci chiamano in piazza quando i fascisti assaltano il sindacato – prosegue De Marzo – Ma siamo rimasti soli a presidiare quartieri in cui i clan hanno costruito un welfare mafioso che fa impallidire quello ufficiale». Anche Alex Moscetta, della Comunità di Sant’Egidio, riconosce il ruolo degli spazi minacciati: «Questi sono luoghi preziosi coi quali abbiamo collaborato – rivendica Moscetta – è qui che la gente si forma una cultura più umana e inclusiva».

Gli occhi sono puntati su Gualtieri. Non si è presentato, per un impegno pregresso, l’assessore competente Tobia Zevi, che ha la delega al patrimonio. C’è Andrea Catarci, che si occupa di decentramento e periferie e che ricostruisce la storia amministrativa degli ultimi lustri. A partire dagli anni Novanta. «La delibera 26 della giunta Rutelli voluta dai centri sociali apriva alla regolarizzazione – dice Catarci -Ma quella delibera non è stata governata e dentro quel vuoto è arrivata la 140 sotto la giunta Marino, che ha pensato di far pagare le mancanze istituzionali agli spazi sociali. Ma non solo non ci possiamo permettere di perdere nessuno di questi spazi. Dobbiamo anche garantire che la grande massa di patrimonio inutilizzato venga assegnato e per aprire un rapporto tra sociale e politica». È necessario, aggiunge la consigliera regionale Marta Bonafoni, che «l’informalità generativa di questi luoghi incontri la formalità istituzionale».

L’allineamento tra Regione, Comune e municipi (testimoniato dalle numerose presenze di consiglieri e amministratori locali) fa capire che se c’è la volontà politica una soluzione si può trovare. La comunità che si è stretta attorno a Esc vigila, considerando anche l’avviso di sfratto che è arrivato a Scup, spazio sociale di proprietà delle Fs a ridosso della Stazione Tuscolana. E oggi in piazza del Campidoglio si ritrovano i movimenti per il diritto all’abitare.