«A Roma non esistono un partito nazionale e uno locale. Il Pd del Lazio è Renzi, Marino e Zingaretti. E tutti sosterremo questi volti, senza alcuna divisione tra un “noi” e un “voi”. Ricostruiremo un partito di cui i nostri elettori possano essere orgogliosi, e celebreremo i due anni dell’amministrazione Marino con una grande campagna nella città per spiegare bene i risultati finora raggiunti e mostrare che i nostri sono obiettivi di prospettiva, che abbiamo una visione strategica per una capitale europea da qui al 2030».

È il senso del discorso che il commissario inviato tre mesi fa da Renzi per scremare il «partito buono» dal «partito cattivo» ha pronunciato ieri davanti all’assemblea dei consiglieri comunali e municipali, minisindaci ed esponenti dem che si è tenuta a porte chiuse in Campidoglio. Sembra un allenatore nello spogliatoio, Matteo Orfini, davanti a una squadra che dopo tanti litigi, qualche cartellino rosso e prestazioni non sempre all’altezza del marchio, rimette tutti in riga, ricorda che d’ora in poi non saranno concesse seconde chance e allo stesso tempo incita alla vittoria.

Ma la riunione è una liturgia, è la santificazione del miracolo che si è già compiuto sotto la guida dei due Mattei: il Pd romano è di nuovo un corpo unico che fa quadrato attorno all’ex «marziano», il sindaco Ignazio Marino. Prova ne è il bilancio 2015 approvato a tempo di record e senza grandi bizze, «come non accadeva dal 1998». Una nuova coesione che ha bisogno di essere rinsaldata in un momento estremamente delicato come quello attuale, nelle stesse ore in cui il ras di Mafia Capitale Salvatore Buzzi viene interrogato dagli inquirenti che si attendono nuove rivelazioni sul pentolone del malaffare capitolino, e Ostia aspetta che a fare piazza pulita di interessi mafiosi e mercantili non sia solo la procura.

Ignazio Marino appare rassicurato: «Il lavoro che sta facendo Orfini è molto importante e si vede dai risultati raggiunti». A fine riunione il sindaco ringrazia tutti, i «consiglieri orgogliosi di fare parte del gruppo dirigente del 2023» e il «sostegno quasi emozionante dei presidenti di municipio».

In realtà qualche grugnito durante l’assemblea dem c’è stato eccome. Non perché si sia parlato delle inchieste aperte dalla procura fiorentina e da quella romana sugli appalti della Metro C, né delle tensioni sociali che vivono le periferie. «Abbiamo discusso solo di amministrazione – racconta il capogruppo Pd in Campidoglio, Fabrizio Panecaldo -, di come migliorare la comunicazione tra noi, tra il governo centrale e le periferie, e con i cittadini».

Per esempio, racconta ancora Panecaldo, «c’è chi ha chiesto solidarietà al gruppo Pd di Ostia. Ma la nostra solidarietà noi la dimostriamo con i fatti, portando avanti una rivoluzione di legalità, toccando i gangli del potere e guardando allo sviluppo della città in prospettiva, non solo per noi ma per i nostri figli». Finalmente, dopo la bufera giudiziaria che si è abbattuta sul minisindaco, il Pd infatti ha deciso di intraprendere la battaglia in nome della legalità e dell’ambiente sollecitata da tempo dai Radicali, contro gli abusi eclatanti che impediscono il libero accesso alle spiagge. «Inevitabile – conclude il capogruppo Pd – che tutto questo lasci smarrito qualche amministratore. Ma in questa battaglia vinciamo tutti o non vince nessuno».