Per sottrarre ai jihadisti il Nord dell’Iraq, gli Usa si sono affidati ai combattenti kurdi peshmerga. Le forze kurde hanno già riconquistato le città di Gwer e Makhmur, in mano ai jihadisti, grazie ai raid Usa nella provincia di Ninive. E così, in assenza di un piano di intervento di terra Usa nel Nord dell’Iraq, l’unica soluzione sembra quella di armare i kurdi che hanno dimostrato di saper dare continuità alle forniture di petrolio, nonostante l’avanzata dell’Isil.

Si tratta di una svolta significativa della politica di Washington nei confronti dei kurdi iracheni dopo la visita del segretario di Stato John Kerry nel Kurdistan iracheno, a pochi giorni dallo scoppio della crisi. «La visita di Kerry non è stata inusuale», ha assicurato al manifesto Harriet Allsopp, docente all’Università di Londra (Birkbeck). «Ma l’interesse degli Stati uniti è di mantenere l’unità territoriale irachena. Una dichiarazione di indipendenza da parte di Barzani non verrà appoggiata da Washington, che pure avrebbe dei vantaggi a trattare il Kurdistan iracheno come uno stato indipendente piuttosto che come una minoranza», ha aggiunto.

E così il Dipartimento di Stato ha confermato che Washington sta fornendo armi ai kurdi. «Collaboriamo con il governo iracheno per inviare armi ai kurdi. Il governo (di Baghdad, ndr) consegna le sue armi e noi facciamo la stessa cosa: forniamo le nostre», ha confermato il portavoce del Dipartimento di Stato, Marie Harf. Anche i ministeri degli Esteri francese, inglese (i britannici per ora non sono tentati da un intervento militare) e italiano si sono accodati all’iniziativa Usa. Federica Mogherini, che ha chiesto una riunione straordinaria del Consiglio degli Affari esteri dell’Ue, ha fatto riferimento a «verifiche tecniche», anche da parte del ministero della Difesa italiano, per un eventuale «sostegno all’azione militare» del governo autonomo del Kurdistan. Berlino vuole però limitarsi a inviare aiuti umanitari. Secondo il governo tedesco, gli Stati uniti hanno una «responsabilità particolare» in Iraq e, per il momento, non sono previste forniture di armi ai kurdi. Il presidente del governo autonomo del Kurdistan, Massud Barzani, aveva chiesto ieri «urgenti forniture di armi» ai peshmerga e l’intervento dell’intellingence Usa, per fermare l’avanzata dell’Isil.

Anche il Partito dei lavoratori kurdi (Pkk) ha favorito l’esodo di migliaia di sfollati dalle città del Nord dell’Iraq. «La cooperazione tra kurdi turchi e iracheni è già significativa, ci può essere un accordo militare e la creazione di una forza militare congiunta per proteggere l’area», ha continuato Allsopp. «Non si tratterebbe di un accordo politico ma militare. Per esempio, potrebbero essere aperte le frontiere tra Iraq e Siria, cercando una forma di cooperazione con il Pkk. Per questo, la potenzialità dell’indipendenza di una regione kurda è molto forte in questo momento», ha aggiunto.

Un freno all’indipendenza arriverebbe però dal fronte iraniano. «Il Partito per il Kurdistan libero (Pjak – che persegue la lotta armata per l’indipendenza dei kurdi iraniani) si è rafforzato dopo la marginalizzazione del Partito democratico del Kurdistan iraniano (Kdp-I). Quindi sarà sicuramente coinvolto nel caso di un conflitto per l’indipendenza kurda. Mentre il Partito dei lavoratori curdi (Pkk) e il Partito democratico unito in Siria (Pyd) potrebbero confluire in un sostegno più organizzato ai kurdi iracheni», ha concluso Allsopp.