«Renzi ha preso voti anche da qualcuno di Cuperlo». A metterci un po’ di veleno è Pippo Civati, che ricostruisce così «la direzione più pazza del mondo», quella di venerdì in cui Renzi ha incassato il via libera del Pd (93 sì, 8 astenuti e 12 contrari) sulla base di una caotica relazione con dentro tutto: riforme istituzionali, piano sul lavoro, incarichi nel partito, elezioni europee… Renzi e molti dei suoi erano già sfilati via (anche se, è l’accusa, conteggiati ugualmente tra i favorevoli). I «civatiani» erano i contrari, mentre i «cuperliani» si sono ufficialmente astenuti (o non hanno partecipato al voto), ma nel frattempo si sono soprattutto definitivamente divisi. Ex bersaniani da una parte, e insieme a loro lettiani e dalemiani, «Giovani turchi» dall’altra. Con Cuperlo in mezzo, che in questa divisione finisce col perdere il ruolo di leader della minoranza.

La prima mossa spetta ai bersaniani, che restano il gruppo più numeroso specialmente tra i parlamentari: non per niente li chiamano il «correntone» (l’originale quindici anni fa era l’ala sinistra dei Ds). Si riuniranno martedì sera – primo aprile – alla camera, pregando i «padri nobili» Bersani ed Epifani di non farsi troppo vedere, per non ingombrare il cammino. Pensano di mettere alla guida il capogruppo dei deputati Roberto Speranza, non certo un tenace oppositore di Renzi fino a qui.

«Bene così – è la reazione di Matteo Orfini, leader invece dei Giovani turchi – non aveva molto senso stare tutti nello stesso contenitore vista la diversità di approcci». Fino alla battaglia contro le iniziative di Renzi sul lavoro, soprattutto il disegno di legge Poletti, Orfini aveva fatto più di un’apertura di credito a Renzi. Nuove tensioni con la decisione del segretario di nominare due vice, scegliendo il primo nella sua cerchia stretta – in pratica ratificando il ruolo che Guerini già esercita, ma la seconda, Serracchiani, dal gruppo dei franceschiniani. «Sembrava che Renzi fosse per una gestione unitaria del partito, evidentemente avrà cambiato idea», dice ancora Orfini. Formalmente no: ancora dal palco dell’ultima direzione il segretario ha invitato le minoranze a entrare nella gestione del partito. Però dovrebbero farlo accettando le sue scelte e soprattutto entro una data: il 7 aprile. Facile prevedere che le minoranze si divideranno ancora sul grado di collaborazione con il segretario, ma intanto tutti dovrebbero accettare l’invito a far parte del gruppo di lavoro sulla forma partito. Che però arriverà a conclusione dopo le elezioni europee. Renzi così immagina di chiudere ogni spazio di manovra ai suoi oppositori con un buon risultato alle europee.

Polemico Civati con le altre minoranze: «Fanno soprattutto tattica mentre noi facciamo una battaglia alla luce del sole». E polemico anche Cuperlo: «Non dobbiamo rinchiuderci dentro fortini a protezione dello status quo. Io penso a tutto tranne che ad altre frantumazioni, è un peccato rassegnarsi a correnti piccole, medie o grandi che non comunicano». Il 12 aprile l’ex sfidante di Renzi alle primarie aveva convocato un incontro di tutte le minoranze, a partire dall’area che si riconosce nella sua guida. O che si riconosceva.