Tra i botti con cui si chiude questo 2013 c’è sicuramente quello – ultimo in ordine di arrivo- del ministro della Difesa Mario Mauro che propone che gli immigrati possano avere la cittadinanza italiana qualora imbraccino il moschetto e vadano a rischiare la vita in Afganistan al posto degli autoctoni del bel paese. Le Forze Armate italiane assomiglierebbero così di più a quelle americane che da sempre accolgono disoccupati, minoranze etniche, persone colpite da povertà e disagio sociale. Da una parte gli imponiamo i Cie (cioè la galera) per stigmatizzarli come clandestini e dall’altra lgli proponiamo la guerra, per farli diventare come noi. Ma non è l’unico botto fatto da Mauro nel 2013. In anticipo con i festeggiamenti di fine anno, il ministro della Difesa ha detto che “per amare la pace bisogna armare la pace”, poi con sprezzo del ridicolo si è fatto calare con un verricello (come Tom Cruise in Mission Impossible) da un elicottero su una nave da guerra. Poi, ancora, è apparso in un uno spot (di una azienda privata) per gli F35 e infine ha preso in giro il Parlamento: sugli F35, sull’Afganistan e sulla portaerei Cavour in missione affaristica in Africa e in Medio Oriente. Ce n’è abbastanza -visto che si parla di rimpasto della compagine ministeriale- perchè sia lui sia il primo a lasciare libero il posto.

Questo 2013 ci lascia anche un bilancio della difesa e delle altre operazioni militari che supera i 23,6 miliardi di euro e ci regala con la legge di stabilità 2014-2016 un finanziamento di oltre 2 miliardi di euro per le navi da guerra Freem. Tutto questo mentre è difficile recuperare anche qualche centinaia di milioni di euro per fermare la disoccupazione, arginare il crollo dei servizi di welfare e rilanciare un’economia che sta declinando sempre di più. Sugli F35 la storia è nota. Il Pd, con Bersani e Renzi in campagna elettorale (febbraio del 2013), aveva detto che i soldi per gli F35 erano uno spreco, salvo poi votare contro (giugno del 2013) la mozione (che ne chiedeva lo stop) di Sel, 5 stelle e 25 dissidenti del Pd. E proporre in alternativa una mozione ambigua e sciapita in cui si impegnava il governo a «non procedere a nessuna fase di ulterione acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso in merito». Da allora il Parlamento non si è più espresso nel merito e ciò nonostante il ministro Mauro alla fine di settembre ha proceduto all’acquisto di 3 nuovi cacciabombardieri F35. Quella del Pd-Pdl era una mozione ambigua, e lo si è visto alla prova dei fatti.

Tuttavia qualche spiraglio di luce questo 2013 lo lascia: l’approvazione della ratifica parlamentare del trattato internazionale sulle armi, l’istituzione del finanziamento dei Corpi Civili di Pace e l’esclusione (emendamento alla legge di stabilità) che gli F35 possano essere finanziati con la legge di sostegno al settore aeronautico (sostanzialmente all’aeronautica militare) sono segnali positivi. Come anche è da segnalare la costituzione in Parlamento di un gruppo di «parlamentari per la pace» che riprende l’impegno e le iniziative portate avanti ormai molti anni fa da personalità come Raniero La Valle, Stefano Rodotà, Adriano Ossicini, Natalia Ginzburg, Luciana Castellina, Chiara Ingrao, Luisa Morgantini e molti altri. Ma tutto ciò non basta.

Le sfide per il 2014 sono chiare e durissime: ridurre le spese militari di almeno il 20%, imporre un blocco definitivo all’avventura degli F35 ed impedire che la missione in Afganistan prosegua nel 2015 (il ministro Mauro ha annunciato -infischiandosene del Pafrlamento- la presenza di 800 militari italiani dopo il 2014). Come si tratta di impedire che l’Italia si metta sulla strada di una nuova militarizzazione del territorio (come è il caso del Muos) o della sperimentazione di nuovi sofisticati sistemi d’arma (come per i Droni) oppure continui ad intrecciare politica, tangenti e business delle armi come le vicende sporche di Finmeccanica stanno lì a testimoniarci. Serve un’altra strada: disarmare l’economia, trasformare la politica estera in una politica di pace, rinunciare per sempre a quell’interventismo militare che ci ha visto malamente protagonisti in Afganistan e in Iraq. È una strada che il governo Letta non intende e non può percorrere: ecco perchè per il 2014 ci meritiamo -se lo merita la pace- qualcosa di diverso e di meglio.