Proroga dello stato di emergenza al 31 dicembre e abbandono delle mascherine all’aperto dal 15 luglio: sono stati due dei temi al centro dell’incontro tra il premier Mario Draghi e il leader della Lega Matteo Salvini. FdI preme per allentare le misure anti Covid, il Carroccio cerca di non farsi rubare terreno da Giorgia Meloni accreditandosi come il partito in grado di far cambiare l’agenda al governo. Così da giorni Salvini chiede la fine dello stato di emergenza a partire da agosto e niente mascherine da subito. Al termine del faccia a faccia, lo stesso leader leghista ha ammesso: «Non abbiamo parlato di date ma abbiamo condiviso che si tolga l’obbligo del bavaglio all’aperto». La data del 15 luglio è solo un’ipotesi: «Ci stiamo ragionando, non lo prevede nessun provvedimento» spiegano fonti ministeriali. Il ministro Andrea Orlando ieri ha replicato: «Non lo possiamo decidere né io né Salvini. Dibattere sull’uso delle mascherine aiuterà quando avremo raggiunto una stabilizzazione dei numeri». Sullo stato di emergenza, il rischio varianti e le possibili terze dosi rendono la proroga quasi inevitabile.

IL PERCORSO verso la normalità è pieno di inciampi. Ieri Draghi ha firmato il decreto che definisce le modalità di rilascio dei green pass in Italia, in linea con le disposizioni europee che ne prevedono l’uso per circolare nell’Unione. Per ottenerlo si deve certificare la guarigione dal Covid o un tampone negativo oppure aver completato il ciclo vaccinale. Ma tutti i vaccini sono ritenuti validi? Il sito dell’Ue dedica al tema una faq: «Gli stati membri dovrebbero rilasciare certificati di vaccinazione indipendentemente dal tipo di vaccino». Quindi, sembrerebbe, anche se si è fatto il russo o il cinese. Ma il testo prosegue: «Tuttavia, tale obbligo è limitato ai vaccini autorizzati ad essere commercializzati nell’Ue». E questo sembrerebbe bocciarli. Ma c’è un ultimo capoverso: «Gli stati membri hanno la possibilità di accettare anche certificati di vaccinazione rilasciati in relazione a vaccini autorizzati a livello nazionale o dall’Oms». Cioè ogni stato può fare come vuole.

Lo stesso sta accadendo con le seconde dosi a mRna (Pfizer o Moderna) per chi ha ricevuto Astrazeneca: «L’approccio con un mix di vaccini si è dimostrato efficace in altri contesti. Sembra una strategia che potrebbe essere usata, è importante raccogliere ulteriori informazioni» ha spiegato ieri il responsabile vaccini dell’Ema, Marco Cavaleri. Ma poi ha aggiunto: «È degli stati Ue la decisione su come vogliono usare i sieri nel contesto della loro campagna vaccinale. Astrazeneca e Johnson & Johnson sono approvati da 18 anni in su».

AUTORIZZATI per tutti i maggiorenni. Così la regione Lazio ha chiesto al governo di lasciare libera scelta ai cittadini su quale seconda dose ricevere dopo la prima di Astrazeneca sotto i 60 anni. Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione italiana medici di famiglia, boccia la proposta: «Il sistema in Italia è retto dall’Aifa. O questa Agenzia decide regole chiare per tutte le regioni o altrimenti siamo alla deregulation completa. Non si capisce come sia possibile vaccinare un paziente sotto i 60 anni con Astrazeneca a fronte di un elemento regolatorio pubblicato in Gazzetta ufficiale». E Pier Luigi Bartoletti, della Fimmg Roma: «L’Ema conferma che Astrazeneca è somministrabile dai 18 anni in su, l’Aifa precisa come i casi di trombosi siano rari nelle prime dosi, nulli nelle seconde, contestualmente però “ordina” di completare il ciclo vaccinale delle persone sotto i 60 anni con un mRna. I bugiardini, a cui i medici devono attenersi, dicono invece che il ciclo vaccinale va completato con lo stesso prodotto vietando il mix».

LA FONDAZIONE GIMBE chiede chiarezza al ministero e all’Aifa: la circolare dell’11 giugno del ministero dispone che «il ciclo deve essere completato con una seconda dose di vaccino a mRna» ma, secondo la fondazione, le evidenze scientifiche sul mix vaccinale sono ancora preliminari. I 4 studi citati dal parere del Cts arruolano poco più di 800 persone e misurano l’efficacia del mix solo sulla risposta immunitaria, la sicurezza solo sugli effetti collaterali frequenti e a breve termine. A oggi non esistono prove di efficacia della vaccinazione «eterologa» su Covid severo, ospedalizzazioni e decessi, né su eventuali effetti collaterali rari. Alla data di pubblicazione della circolare, il mix vaccinale risultava off label, ovvero fuori dalle indicazioni autorizzate. La determina Aifa del 13 giugno ha «sanato» il problema con il riferimento alla legge 648/96, disponendo che i vaccini a mRna «possono essere somministrati come seconda dose per completare un ciclo vaccinale misto». La possibilità introdotta dall’Aifa contrasta però con l’indicazione perentoria prevista dalla circolare ministeriale. «Secondo la formula di Aifa per gli under 60 la seconda dose con Pfizer o Moderna è solo un’opzione».

CONTINUA IL CROLLO DEI TAMPONI effettuati, denuncia Gimbe: nelle ultime 5 settimane il numero di persone testate si è ridotto del 31,5%. Un tendenza pericolosa poiché aumenta la circolazione della variante delta (ex indiana), più contagiosa di circa il 60% rispetto all’inglese. Al 18 maggio la circolazione era all’1%. In base ai dati del Ceinge, relativi al periodo 15 maggio-16 giugno, le sequenze della variante Delta depositate in un mese sono passate dall’1,8% al 3,4%. Provengono soprattutto dal Trentino Alto Adige (48,3%), Puglia (29,3%), Campania (5,2%).