Più che una maggioranza sembra un campo di battaglia, di quelli in cui tutti sparano su tutti. La linea del fronte passa per i minibot ma il quadro è anche meno roseo perché gli sganassoni in materia indicano una divaricazione che è più profonda e che si sanerà, almeno per un po’, solo se l’avvocato Conte riuscirà a strappare un rinvio alla commissione europea.

STAMATTINA I QUATTRO ARTEFICI della politica economica del governo, Conte, Salvini, Di Maio e Tria si vedranno di buon’ora, subito prima che il premier, alle 9.30, si rivolga alle camere per informarle sullo stato delle cose con la Ue in attesa di partire per un vertice europeo ad alto rischio. Stasera si riunirà il cdm ma il vero appuntamento chiave è il pranzo sul Colle, con mezzo governo seduto al desco presidenziale.

LA VIGILIA NON AUTORIZZA ottimismo. Ad aprire, forse involontariamente, le ostilità è stato ieri, da Londra, Tria, confermando la bocciatura dei minibot: «Pericolosi, illegali, non necessari. Non penso che saranno introdotti». Sono affermazioni necessarie se si vuole provare a costruire un ponte con Bruxelles ma la Lega le prende malissimo. «Sono nel contratto. Se Tria ha un mezzo più intelligente lo dica, altrimenti si va avanti», ruggisce Salvini. Il ministro replica a stretto giro: «Non saranno necessari perché la Pa può pagare i debiti in euro». Non basta a tranquillizzare l’ideologo dei minibot, Borghi: «Gli faremo cambiare idea. Deve fare quel che è scritto nel programma che ha letto e sottoscritto». Di Maio si schiera con i soci: «Non mi affeziono alle parole. Ma i debiti della Pa vanno pagati».

SOLO CHE IL DISSIDIO che va molto oltre i debiti della Pa. Ci sono altri passaggi di Tria che fanno imbestialire Salvini. Il ministro dice che «la Flat Tax è importante», però compatibilmente con il quadro macroeconomico e che il mancato aumento dell’Iva sarà compensato con tagli di spesa. Il leghista sbotta: «Chi vuole fare il ministro in questo governo sa che il taglio delle tasse è la priorità». L’offensiva non risparmia neppure il capo dello Stato. Mattarella ricorda che «assicurare la solidità dei conti è essenziale». Salvini mette da parte ogni garbo istituzionale e lo rimbecca: «I conti sono in disordine per colpa dell’austerità e dei tagli imposti dalla Ue. Il nostro impegno è abbassare le tasse non a tutti ma a tanti e questo faremo».

SEMBRANO TAMBURI che annunciano crisi imminente.Non è un mistero che proprio questo sia l’incubo dei 5S: una crisi cercata da Salvini, con la Flat Tax come casus belli e poi bandiera in campagna elettorale. Non li tranquillizzerà certo la decisione leghista di tenere duro su Bagnai come ministro degli Affari europei e di insistere, se appena possibile, su Giorgetti commissario europeo. Non sembrano scelte di chi si prepara alla ricomposizione. Ma i leghisti smentiscono e minimizzano: «Tria non si è reso conto, da Londra, di come le sue parole sarebbero suonate a Roma, Tutta colpa dei giornali che lavorano di fantasia», «La procedura non ci sarà e faremo la Flat Tax». In mezzo alla tempesta il barometro di via Bellerio indica calma piatta. Per quanto paradossale appaia, in un certo senso è davvero così. Sino a quando le trattative con Bruxelles non saranno rotte nessuno cercherà la crisi e i litiganti mirano davvero allo stesso obiettivo: allungare i tempi della decisione sulla procedura, rinviare.

LA LETTERA DI CONTE a Bruxelles, che è pronta da un pezzo anche se sarà spedita solo dopo il semaforo verde del vertice odierno, oltre a dichiarazioni rumorose e poco significative sull’opportunità di abbandonare «il primato della finanza» dice una sola cosa: che l’Italia al momento non può presentare le cifre e i «fatti nuovi» pretesi dalla commissione. Potrà farlo solo a fine mese, con la legge di assestamento del bilancio, nella quale saranno indicati i risparmi su Quota 100 e

Reddito di cittadinanza e la nuova stima del deficit. Ma è un gioco di rilanci incrociati. Dombrovskis, da Bruxelles, fa sapere che per l’iter della procedura non ci sono tempi certi: «Dipenderà da quali elementi e da quali aggiustamenti l’Italia presenterà per correggere la traiettoria fiscale». In questa che è anche una guerra di nervi, la tenuta dei 5S è messa a dura prova. Il gelo con cui la platea di Confartigianato ha accolto ieri Di Maio, specialmente se paragonata agli applausi riservati a Salvini, non è certo un buon segno.

COSÌ ANCHE I 5S, se da un lato blindano la maggioranza, dall’altro devono dimostrare di esistere ancora e l’incidente è quindi in agguato anche su quel fronte. Per esempio nel voto in commissione di vigilanza Rai di oggi sul doppio incarico di Foa. I 5S, ieri, erano decisi a bocciare l’emendamento leghista che mira a salvare il presidente del cda e di Raisat. Sul come reagirebbe Salvini nessuno può giurare.