È stato programmato proprio ieri nel giorno della scomparsa di Milos Forman Gli amori di una bionda, il film emblematico di un’epoca, nell’ambito della rassegna itinerante al cinema Trevi di Roma «I ribelli del ’68. La nuova onda del cinema cecoslovacco». Forman (classe 1932) era stato infatti uno dei principali esponenti della Nova Vlna cecoslovacca, a cui parteciparono tra gli altri Menzel, Chytilova, Jires, Ivan Passer, Schorm, Nemec, ognuno con un diverso grado di sconvolgimento dei vecchi canoni del cinema e di umorismo.

Forman fu il primo ad essere conosciuto all’estero e in Italia grazie alla distribuzione che ammiccava a una certa licenziosità di costumi con Gli amori di una bionda (1965), o con Horí, má panenko (Sbrigati bambola mia) tradotto in Al fuoco i pompieri. Nel primo film il pizzico di erotismo è diluito abbondantemente nelle descrizioni della vita di una giovane operaia di una fabbrica di scarpe per militari che sogna l’amore e la fuga dalla desolazione della provincia, nel secondo l’ambientazione è il piccolo villaggio dove esplode la satira dell’organizzazione burocratica dei paesi socialisti, culminanti spesso nei film della Nova Vlna attraverso le feste di categoria, (dei vigili del fuoco in questo caso), con incendio finale. Il film fu bloccato dalla censura e fu l’ultimo che il regista girò nel suo paese.

Alla mostra di Venezia quest’anno si è visto come classico restaurato l’esordio del regista Cerny Petr (Pietro il nero distribuito come L’asso di picche (1964) storia di uno svagato apprendista garzone di alimentari interessato solo a sistemarsi i capelli e a rimorchiare le ragazzine a dispetto dell’etica del lavoro socialista, uno straordinario ritratto della società e della giovane generazione nel socialismo reale contrapposta alle convinzioni della generazione dei padri. Le allusioni erano tradotte in invenzioni cinematografiche con pochissime battute così la censura non avrebbe potuto intervenire, l’occhio attento a ogni sfumatura.

Forman aveva già diretto un divertente acido cortometraggio, Konkurs, competizione sulle orchestrine locali dove la musica era oggetto di severa valutazione da parte di commissioni del partito. La musica nei suoi film, dal twist al jazz, dalla polka, al pop, alla musica da camera fino ai concerti gli è sempre servita a rendere meno amaro il livello di critica sociale, a sottolineare le assurdità del contesto, a farne una sorta di commento a cui non servono parole.

Quando abbiamo incontrato Forman viveva già da tempo negli Usa, era già diventato internazionalmente famoso, aveva vinto due premi Oscar e lo contrapponevamo nel confronto al destino che aveva travolto la vita dei suoi compagni restati a Praga e che avevamo avuto occasione di incontrare a più riprese, colpiti da un’onda di gelo, dalla impossibilità di lavorare per più di venti anni, i loro film congelati e imprigionati nei cellari, i destini interrotti, i lavori rieducativi imposti a quelli che si erano dimostrati più trasgressivi. In realtà, diceva Forman, lui aveva avuto una certa possibilità di muoversi (come del resto Skolimowski o anche Polanski) e aveva scelto di lasciare il paese dopo l’invasione russa del ’68.

Lo spirito della Nova Vlna rispuntò beffarda quasi senza cesura, nel suo primo film americano, la descrizione della middle class in Taking off (1971) con tutti i problemi e i vizi generazionali colti con humour. Quello sguardo che tutta una generazione aveva appreso dalla voglia di cambiare il mondo e attingendo dagli insegnamenti della Famu, la prestigiosa scuola di cinema di Praga, prendeva qui forma nei salotti borghesi. Si sarebbe poi drammaticamente espressa anche nel celebre Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) vincitore di 5 premi Oscar, dove il manicomio poteva evocare anche elementi di repressione politica indirizzata agli esseri più creativi, sognatori e tanto folli da immaginare nuove dimensioni di vita.

Una serie di film accolti con grande favore sono stati i successivi Hair (1979), musical sull’onda della contestazione, e Ragtime (1981) film sul proibizionismo, a precedere il grande lavoro in costume Amadeus (1984): Mozart appariva sullo schermo come ragazzo geniale, fuori dalle regole, che l’invidia o il potere non comprendono e cercano in ogni modo di stroncare, una perfetta allusione ai ragazzi della Nova Vlna.
Dopo il magico Valmont (’89) da Les liaisons dangereuses magnifici e come inaspettati i film successivi arrivati dopo una lunga pausa: Larry Flynt – Oltre lo scandalo (1996), biografia dell’industriale del porno (Orso d’Oro al Festival di Berlino), Man on the Moon (1999), biografia del comico Andy Kaufman. Del 2006 è il film su Goya L’ultimo inquisitore, con Javier Bardem.

Il suo abbandono al cinema è stato infine causato da una malattia agli occhi che progressivamente lo ha portato all’oscuramento della zona centrale del campo visivo e alla cecità, e a lasciare irrealizzati vari progetti come Ember da un romanzo dello scrittore ungherese Sandor Marai o Ghost of Munich scritto con Vaclav Havel. Sull’onda di una narrazione musicale è comparso nel 2011 come attore accanto a Catherine Deneuve in Les Bien-aimés di Christophe Honoré.