La prima fiducia non si scorda mai. Dopo più di tre mesi dal suo insediamento, anche per il governo Conte è arrivato il governo di ricorrere allo strumento più forte per risolvere i problemi parlamentari.

LA SCELTA DI BLINDARE l’esame del decreto legge Milleproroghe ha fatto però insorgere le opposizioni, in particolare quel Pd che nella scorsa legislatura ha usato la fiducia con tutt’altro che parsimonia. I parlamentari Dem ieri però hanno deciso di occupare l’aula di Montecitorio per protesta attaccando non solo il governo, ma anche la presidenza della Camera, accusata di «atto eversivo».

Proteste che il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro sono solo «strumentali» di fronte a una scelta del governo del tutto «legittima».

Il rischio ostruzionismo, in nome del quale maggioranza e governo, hanno deciso prima di utilizzare la cosiddetta «tagliola» – vale a dire la chiusura anticipata della discussione generale – e poi di interrompere l’esame del testo con la richiesta di fiducia, viene però solo procrastinato: la contrapposizione fra le forze politiche non ha consentito di raggiungere un’intesa in conferenza dei capigruppo a Montecitorio sul timing per il voto finale e gli ordini del giorno e così, al momento, si profila la prima maratona notturna della legislatura.

AL CENTRO DELLO SCONTRO si intrecciano questioni di metodo e merito. Dopo la battaglia sui vaccini, finita con la proroga dell’autocertificazione e dunque il rinvio di una scelta strutturale su un tema delicato che interessa le famiglie italiane, l’attenzione dentro e fuori dalle aule parlamentari si è spostata sul taglio da oltre un miliardo alle periferie.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in persona si è impegnato a ripristinare i fondi ma l’accordo raggiunto martedì con l’Anci non è stato recepito nel decreto legge: una strategia che se ha messo in stand by i comuni non ha convinto le forze di opposizione e i Dem in particolare che hanno continuato a chiedere un intervento immediato per sanare la sforbiciata alle finanze degli enti locali.

SU ENTRAMBI I TEMI poi da giorni si registrano mal di pancia anche dentro i partiti di governo e proprio la necessità di sanare le crepe tra Lega e M5s è una delle ragioni che ha portato l’esecutivo a blindare l’esame del decreto legge.

Ma nel mirino del Pd, sulla cui linea parte del gruppo parlamentare è però critico, finisce anche la scelta del governo di utilizzare una fiducia autorizzata dal Consiglio dei ministri a fine luglio, il giorno prima che il provvedimento venisse pubblicato in Gazzetta ufficiale. Un gesto che viene considerato da Matteo Renzi – uno che di fiducie se ne intende avendone chieste ben 66 col suo governo, record assoluto – la cartina tornasole della «cialtronaggine» dei gialloverdi che «fanno carta straccia – prosegue Alessia Morani, sempre del Pd – delle regole democratiche».

E PER QUESTO I DEM in aula hanno chiesto anche una parola di chiarezza da parte del presidente della Camera Roberto Fico. Il numero uno di Montecitorio, che tra l’altro non ha seguito in prima persona l’andamento dei lavori perchè impegnato con la commemorazione di Oscar Luigi Scalfato, fa però sapere di essere convinto che la questione non interpelli il parlamento e che attenga dunque alle scelte politiche del governo.

EFFETTO COLLATERALE MOLTO nocivo della scelta della fiducia riguarda il mondo della scuola. In questo modo non verrà discusso l’emendamento che riapriva le Graduatorie ad esaurimento (Gae). Per Stefano Fassina (Leu) «il governo con la fiducia impedisce la discussione sull’emendamento per la salvaguardia delle insegnanti Diplomate Magistrali prima dell’anno scolastico 2001/02 e delle altre aeree di insegnanti assunti o inseriti con riserva nelle Graduatorie a esaurimento».